Johnny
Smith, docente di letteratura, è vittima di un grave incidente stradale che lo
fa finire in coma per cinque anni. Al suo risveglio trova tutto cambiato: la
sua amata fidanzata, Sarah, si è sposata ed è madre di un bambino. Ma grazie al
coma Johnny ha sviluppato un incredibile potere medianico, grazie al quale
riesce a “vedere” immagini del passato o del futuro delle persone con cui entra
in contatto fisico. In breve il nostro diventa famoso perché le sue visioni gli
consentono di salvare delle vite o di risolvere complessi casi polizieschi, ma ben
presto si renderà conto che il suo dono potrebbe anche essere una maledizione.
Questo cupo dramma parapsicologico dalle sfumature thriller, liberamente tratto
dall’omonimo romanzo di Stephen King, è il primo film hollywoodiano di Cronenberg,
grazie al leggendario produttore Dino De Laurentiis che lo volle a bordo del
progetto. E’ una delle più asciutte e misurate opere cronenberghiane, che
rinuncia del tutto allo shock visivo e all’esplicitazione della carne e del
sangue, barattandole con una classica compostezza interamente edificata sullo
scandaglio psicologico del tormentato protagonista, egregiamente interpretato
da un dolente Christopher Walken, che fa un ammirevole lavoro per sottrazione
nel dar vita al personaggio. Malinconico e silente, questo film trattenuto e dai
toni autunnali contiene comunque, nel sottotesto, diversi elementi tipici
dell’autore canadese, come la preveggenza vissuta alla stregua di una malattia
con conseguente mutazione interiore del protagonista. I fans integralisti del
regista non gradirono la svolta e bollarono frettolosamente la pellicola come
“commerciale”. Il giudizio lapidario è senza dubbio eccessivo perché La zona morta resta un buon film di
ipnotica atmosfera, nonché uno dei più felici adattamenti cinematografici di
Stephen King, ma ha tuttavia un suo fondamento di verità: non a caso questo è
il film di Cronenberg preferito dal pubblico mainstream e sicuramente perde qualcosa in genialità visionaria,
originalità tematica e malia trasgressiva rispetto ai lavori precedenti. E’
anche l’unica pellicola dell’autore la cui colonna sonora non sia stata
composta dal fedelissimo Howard Shore, ma dall’americano Michael Kamen. La zona
morta a cui allude il titolo è quel quid
indeterminato che Johnny percepisce nelle visioni del futuro e che gli consente
di modificarlo con le sue azioni.
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