lunedì 3 aprile 2017

La zona morta (The Dead Zone, 1983) di David Cronenberg

Johnny Smith, docente di letteratura, è vittima di un grave incidente stradale che lo fa finire in coma per cinque anni. Al suo risveglio trova tutto cambiato: la sua amata fidanzata, Sarah, si è sposata ed è madre di un bambino. Ma grazie al coma Johnny ha sviluppato un incredibile potere medianico, grazie al quale riesce a “vedere” immagini del passato o del futuro delle persone con cui entra in contatto fisico. In breve il nostro diventa famoso perché le sue visioni gli consentono di salvare delle vite o di risolvere complessi casi polizieschi, ma ben presto si renderà conto che il suo dono potrebbe anche essere una maledizione. Questo cupo dramma parapsicologico dalle sfumature thriller, liberamente tratto dall’omonimo romanzo di Stephen King, è il primo film hollywoodiano di Cronenberg, grazie al leggendario produttore Dino De Laurentiis che lo volle a bordo del progetto. E’ una delle più asciutte e misurate opere cronenberghiane, che rinuncia del tutto allo shock visivo e all’esplicitazione della carne e del sangue, barattandole con una classica compostezza interamente edificata sullo scandaglio psicologico del tormentato protagonista, egregiamente interpretato da un dolente Christopher Walken, che fa un ammirevole lavoro per sottrazione nel dar vita al personaggio. Malinconico e silente, questo film trattenuto e dai toni autunnali contiene comunque, nel sottotesto, diversi elementi tipici dell’autore canadese, come la preveggenza vissuta alla stregua di una malattia con conseguente mutazione interiore del protagonista. I fans integralisti del regista non gradirono la svolta e bollarono frettolosamente la pellicola come “commerciale”. Il giudizio lapidario è senza dubbio eccessivo perché La zona morta resta un buon film di ipnotica atmosfera, nonché uno dei più felici adattamenti cinematografici di Stephen King, ma ha tuttavia un suo fondamento di verità: non a caso questo è il film di Cronenberg preferito dal pubblico mainstream e sicuramente perde qualcosa in genialità visionaria, originalità tematica e malia trasgressiva rispetto ai lavori precedenti. E’ anche l’unica pellicola dell’autore la cui colonna sonora non sia stata composta dal fedelissimo Howard Shore, ma dall’americano Michael Kamen. La zona morta a cui allude il titolo è quel quid indeterminato che Johnny percepisce nelle visioni del futuro e che gli consente di modificarlo con le sue azioni.

Voto:
voto: 3,5/5

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