mercoledì 12 aprile 2017

Ecce bombo (Ecce bombo, 1978) di Nanni Moretti

Michele Apicella è un giovane scontroso, problematico e integralista nelle posizioni ideologiche. Trascorre le sue giornate tra cervellotiche discussioni con gli amici, la complessa relazione con la fidanzata Silvia e una serie di logorroiche elucubrazioni che lo portano a stravaganti sedute di autocoscienza per risolvere i propri dissidi interiori. L’estate passata in città nell’inerzia culmina con la decisione di andare a trovare Olga, ragazza schizofrenica con gravi problemi psicologici. Ma alla fine, paradossalmente, l’unico del gruppo che terrà fede all’impegno sarà il solo Michele, che inizialmente era il più riluttante. Il primo vero lungometraggio di Nanni Moretti (Io sono un autarchico del 1976 fu girato in un amatoriale super 8) è una commedia amara pervasa da un’ironia sottile, in bilico tra tenerezza e disperazione, che traccia un vivido ritratto (in perdita) di una generazione frustrata e sbandata: quella dei ventenni appena usciti dal fallimento delle utopie sessantottine. L’affresco del mondo giovanile della Roma degli “anni di piombo” è lucido e impietoso e viene realizzato attraverso un lungo flusso di sequenze episodiche, con dialoghi surreali e irresistibili che inducono il ghigno più che la risata e aprono caustici scenari sullo smarrimento generazionale, sull’incapacità di un dialogo realmente comunicativo e sulla naturale tendenza all’individualismo che si esplica attraverso un grottesco campionario di tic e di manie. Limpido e omogeneo nell’idea e nella struttura, nonostante l’assetto a “strisce” narrative più o meno brevi, riscosse un notevole successo di pubblico (incassando 2 miliardi a fronte del costo di 180 milioni di vecchie lire) e divenne rapidamente il manifesto della poetica militante morettiana, portando una ventata di fresca energia nel panorama del cinema italiano socialmente impegnato. L’abilità del regista di Brunico di partire dalla dimensione autobiografica per abbracciare poi un discorso collettivo, originale e rigoroso nei suoi intenti politici e sociali, è già presente, a livello seminale, in questa pellicola di culto profondamente amata da numerosi intellettuali della sinistra del tempo. Il titolo deriva da un’espressione nonsense pronunciata da uno straccivendolo in una sequenza del film e simboleggia la crisi d’identità di una generazione orfana dei propri sogni. Nel cast, oltre a Nanni Moretti, Luisa Rossi, Glauco Mauri, Lorenza Ralli, Fabio Traversa, Paolo Zaccagnini e Lina Sastri, compare anche un giovane Giampiero Mughini. Presentato in concorso al 31° Festival di Cannes (dove non passò inosservato, pur senza ricevere premi) inaugurò il solido feeling tra Moretti e la kermesse francese e segnò la nascita della sua estetica politica, intimista, arguta e antispettacolare.

Voto:
voto: 4/5

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