martedì 1 novembre 2011

2001: Odissea nello Spazio (2001: A Space Odissey, 1968) di Stanley Kubrick

Un viaggio dagli oscuri abissi ancestrali di una preistoria brutale e selvaggia fino all'era del progresso scientifico e delle esplorazioni spaziali. Un viaggio nell'evoluzione da parte dell'uomo, proteso dagli istinti bestiali primitivi fino alla ricerca ascetica dell'inconoscibile, dell'origine dell'universo e di se stesso. Un viaggio mistico nello spazio, nel tempo, verso l'Infinito….ed ancora più oltre! Ma, una volta giunti al limite, al confine, al bordo più esterno, ecco che tutto sembra ripiegarsi su se stesso, gli opposti paiono coincidere (passato, futuro, morte, nascita) e la ragione scientifica lascia il posto a qualcosa di più grande e di più profondo, una illuminazione suprema, un ultimo balzo per tornare nuovamente all'origine. Un viaggio circolare, perché oltre l'Infinito c'è solo l'Infinito stesso! Questo e molto altro nel capolavoro di Stanley Kubrick del 1968, che diede origine al genere "fantascienza" così come noi lo intendiamo oggi, ma che è ampiamente riduttivo ricondurre ad un singolo genere. Uno dei più grandi film della storia del cinema, amato o odiato, spesso incompreso, ma che indubbiamente costituisce un'esperienza visiva e sonora indimenticabile. Un viaggio psichedelico, fatto di sensazioni, da compiere attraverso lo schermo, nel proprio animo, verso l'Infinito….ed ancora più oltre! Liberamente tratto dal racconto "La sentinella" di Arthur C. Clarke (che collaborò con Kubrick anche alla sceneggiatura), "2001: Odissea nello spazio" è il capostipite del genere sci-fi moderno e rappresenta una delle vette artistiche più alte mai raggiunte da uno dei più grandi registi di tutti i tempi. Il film divenne rapidamente famoso per gli incredibili effetti speciali (davvero qualcosa di mai visto all'epoca e giustamente premiati con l'Oscar), per l'ardito e geniale accostamento di musiche classiche, come i valzer di Strauss, alle immagini di astronavi e viaggi spaziali ed anche per il finale, da molti giudicato ermetico ed incomprensibile. Lo stesso Kubrick, al riguardo, non potè essere più chiaro dicendo: "Ognuno è libero di speculare a suo gusto sul significato filosofico del film, io ho tentato di rappresentare un'esperienza visiva, che aggiri la comprensione per penetrare con il suo contenuto emotivo direttamente nell'inconscio." Ed è proprio questa la chiave di lettura più giusta del film: un'esperienza dei sensi da compiere senza preconcetti o pregiudizi di sorta, proprio come fa il protagonista David Bowman alla fine della pellicola. 2001 può essere suddiviso in 4 parti principali:

1) L'alba dell'uomo
In una imprecisata era preistorica una tribù di ominidi, più vicini alla scimmia che all'uomo, compie un incredibile ritrovamento all'alba di un giorno come tanti altri: un grosso Monolito nero posto al centro di una vallata e giunto da chissà dove. In concomitanza di un incredibile allineamento astronomico sole-terra-luna, il Monolito, toccato dalle mani belluine degli ominidi primordiali, sembra quasi prendere "vita" e trasmettere "qualcosa" alle scimmie primitive. Come il dono di una forma di intelligenza aliena (o di una divinità trascendente superiore ?) nei confronti di una specie ancora selvaggia. Questo è l'inizio dell'evoluzione della scimmia verso qualcosa di più alto, un primo barlume di intelligenza: l'ominide scopre l'osso come utensile e quindi come arma. Assolutamente memorabile la sequenza della scimmia che lancia l'osso verso il cielo (sulle solenni note del "Così parlò Zarathustra" di Gyorgy Ligeti) e questo, roteando, si trasforma in una navicella spaziale! Il primo, enorme, salto nell'evoluzione dell'uomo è compiuto!

2) Thyco
Nell'anno 2001 l'uomo è ormai un essere intelligente, capace di viaggiare nello spazio e costruire enormi astronavi, computer dotati di intelligenza artificiale e basi spaziali come quella sulla Luna dove si reca il dottor Heywood Floyd. Scopo del viaggio è la scoperta di "qualcosa" di non identificato e di non umano, in grado di emettere campi magnetici fortissimi all'interno del cratere lunare Thyco. Anche qui è assolutamente memorabile l'intera lunghissima sequenza dell'approssimarsi della navicella di Floyd verso la grande base spaziale, sulle note del valzer di Strauss. La maniacale cura dei particolari di Kubrick ci mostra esattamente ogni dettaglio: dai silenzi spaziali al cibo liofilizzato, fino alla toilette a gravità zero, catapultandoci "fisicamente" in quella realtà. Giunti su Thyco gli scienziati si troveranno di fronte a un'incredibile scoperta: un Monolito nero posto all'interno del cratere di natura sconosciuta. In concomitanza di un nuovo allineamento astrale, proprio mentre uno scienziato sta scattando una fotografia all'insolito oggetto nero, il Monolito emette un sibilo fortissimo che sembra stordire tutti gli uomini presenti.

3) Missione per Giove
A bordo della gigantesca astronave Discovery, guidata da un super computer dotato di intelligenza artificiale, HAL 9000, cinque uomini sono in viaggio verso Giove. Una serie di eventi misteriosi portano il computer HAL 9000, considerato infallibile, ad assumere un atteggiamento sempre più ostile e diffidente verso i membri dell'equipaggio. La situazione sfocia in tragedia, quando HAL capisce che David Bowman e Frank Poole vogliono disattivarlo e, con un atteggiamento molto "umano" (nella sua accezione più negativa), cerca di difendersi uccidendo uno ad uno i membri dell'equipaggio. Riesce a salvarsi solo il dottor Bowman che disattiva l'elaboratore cancellandone la memoria, in un ennesima sequenza memorabile: la "morte" di HAL, il suo tentativo disperato di sopravvivere ed il suo canto del cigno, quel "giro-giro-tondo" così lugubre e inquietante, ultimi momenti di lucidità in una regressione "infantile", prima della morte cerebrale. Disattivando HAL, Bowman scopre, attraverso un video di emergenza nascosto nella memoria dell'elaboratore, il vero motivo della missione: rintracciare la destinazione di un segnale radio emesso dal Monolito rinvenuto su Thyco e diretto verso le lune di Giove.

4) Oltre l'Infinito
La conclusione del film è la parte più metafisica e psichedelica, quella dove la ragione lascia il posto a qualcosa di più grande e intelligibile, forse il senso stesso della vita e dell'universo. Non ha senso "raccontarla", è un'esperienza da compiere, obbligatoriamente, in prima persona.

Kubrick ci regala un'opera straordinaria, perfetta, una nuova frontiera del linguaggio cinematografico, un film epocale che ha cambiato in modo definitivo la storia del cinema, una metafora potente a molteplici livelli di lettura, da ammirare sensorialmente più che razionalmente, che ha riscritto i codici del suo genere di appartenenza diventando qualcosa di ben più alto e determinante. E' anche un capolavoro di stile e di tecnica registica: straordinario il lavoro sulle immagini, sui suoni, sui silenzi, sulle musiche e sugli accostamenti tra essi. Kubrick rinuncia del tutto alle spiegazioni del romanzo di Clarke in favore di una più fertile e suggestiva ambiguità sia tematica che concettuale, dando vita ad un'opera omnia, ipnotica ed astratta, sul destino dell'uomo, sulla ricerca dell'inconoscibile e sul rapporto con la tecnologia. Avvolto dal consueto pessimismo misantropo dell'autore è anche una sublime esperienza visionaria oltre i confini dell'io, della vita e della morte. Siamo ai vertici, artistici, del cinema e, forse, ancora più oltre! Incompreso, alla sua uscita, per la straordinaria complessità tematica, ma da subito ammirato per lo splendore visivo e l'altissima qualità formale, il film ha guadagnato lentamente e costantemente nel tempo lo status definitivo di capolavoro assoluto del cinema, nonostante l'appartenenza a un genere sempre considerato minore, la fantascienza, della quale sconvolse i canoni e alla quale conferì una dignità artistica fin allora sconosciuta, aprendo la strada ad altre opere capitali come "Guerre stellari" e "Blade Runner". Geniale nella ideazione, grandioso nella realizzazione, stupefacente nell'apparato visivo (che riesce a conciliare la gelida perfezione delle immagini con una innovativa ricerca stilistica), il film vanta sequenze indimenticabili (dall'osso preistorico scagliato nel cielo dove si muta in astronave – uno degli stacchi più vertiginosi e folgoranti della storia del cinema – al balletto dei veicoli spaziali al suono del "Bel Danubio blu" di Strauss, fino al viaggio psichedelico oltre l'infinito, ancor oggi di sbalorditiva fascinazione) ed invenzioni sublimi (in particolare quella del monolito nero quale simbolo dell'inconoscibile) e configura contemporaneamente uno spettacolo di assoluta maestria registica e una riflessione (carica di risvolti metafisici e perfino filosofici) sul destino dell'uomo nell'universo. Nonostante l'andamento criptico, possiede una tale quantità di piani di lettura e una tale ricchezza visiva e creativa da rappresentare uno dei vertici assoluti del cinema (insieme a pochi altri come "Quarto potere" di Welles o "Otto e mezzo" di Fellini). Quanto alla difficoltà di decifrarne i contenuti, il film è, a mio avviso, tanto reticente nelle spiegazioni proprio perchè assume il monolito nero a propria cifra allegorica ed aspira a replicarne, a livello cinematografico, l'algida impenetrabilità,la geometrica perfezione,l'arcano incanto e, soprattutto,l'inquietante molteplicità di sfaccettature e di significati nascosti. Da questo film in poi le colonne sonore scelte da Kubrick diventano tanto sofisticate quanto leggendarie.

Voto:
voto: 5+/5

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