sabato 12 novembre 2011

Lo specchio (Zerkalo, 1975) di Andrej Tarkovskij

Un uomo in punto di morte rievoca i ricordi della sua vita attraverso due vicende complementari che, pur traslate in tempi diversi, sembrano sovrapporsi per affinità emotive. Nella prima c'è il se stesso bambino, che subisce l'abbandono paterno e vive un'infanzia sofferta con la madre e la sorellina. Nella seconda c'è il se stesso adulto che lascia la moglie ed il figlio. Per aumentare la vis drammaturgica e la valenza simbolica, la stessa attrice interpreta prima la madre e poi la moglie del protagonista nelle due diverse età, così come lo stesso piccolo attore interpreta il protagonista bambino e poi suo figlio. Tra tutti i film di Tarkovsky questo è, senza dubbio, il più autobiografico, il più sentito, il più complesso, il più poetico. Appare evidente fin dall'inizio che l'Autore parli di se stesso e della sua vita: il film è, infatti, una specie di diario astratto in forma artistica. Il protagonista Aleksei è il regista stesso che si abbandona alle sue memorie, cercando di tracciare un bilancio della sua esistenza, giunto nella fase della "mezza età". In una meravigliosa elegia dai molti toni e dalle molteplici suggestioni si alternano presente e passato, sogno e realtà, ricordi e rimpianti, incanto e senso di colpa, dando vita ad una sorta di odissea spirituale in cui la Storia è lo sfondo tragico e la memoria è l'humus vitale. Pur avendo l'intimità e l'ermetismo di un diario personale, "Lo specchio" riesce ad elevarsi, stilisticamente ma non solo, bene al di sopra di tutto questo ed a volare alto, raggiungendo la sublime poesia e la forza possente dei sentimenti universali. E' impossibile resistere al fascino di questo film che ci conduce, attraverso un flusso visionario di immagini, stili, tematiche e sensazioni, nell'analisi metafisica di una vita, descritta attraverso immagini (e figure) che prima divergono e poi convergono, fino a sovrapporsi, simmetricamente, come in uno specchio. Anche nel suo film più lirico il grande regista non rinuncia al suo impegno politico: emblematica la visione fornita dell'Unione Sovietica, anche grazie al sapiente inserto di immagini documentaristiche, come perenne teatro di guerre e tragedie sociali. Straordinaria, per senso poetico e densità evocativa, la prima scena della pioggia in casa che ci immerge subito nel senso più intimo del film. Eccellente la fotografia, che mescola il colore al bianco e nero. Un'esperienza indimenticabile di alto magistero simbolico figurativo.

Voto:
voto: 4,5/5

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