David Lynch è un regista straordinario, uno dei pochi autori moderni per i quali si può utilizzare l'appellativo di Maestro senza storcere il naso. Signore assoluto delle atmosfere oniriche stranianti, stilisticamente eccelso, visionario e raffinato, i suoi film sono delle esperienze indimenticabili: surreali, crudeli, disturbanti, autenti viaggi nella psiche umana e nei suoi arcani recessi, ma tutti di rara potenza espressiva e di enorme fascino figurativo. Opere come "Eraserhead", "Una storia vera", "Velluto blu", "The elephant man" sono tutte entrate di diritto nella Storia del Cinema d'Autore, divenendo (a pieno diritto) autentici CULT con schiere di appassionati. D'altra parte David Lynch, vuoi per la stravagante personalità, vuoi per lo stile unico ed inconfondibile, vuoi per le tematiche (estreme e spesso disturbanti) trattate, è il regista di culto per eccellenza e persino le sue opere "minori" e non completamente riuscite, come il pretenzioso kolossal fantascientifico "Dune" del 1984, possono contare su numerosi appassionati. Ma è con questo film del 2001, "Mullholland Drive", che il regista americano realizza il suo capolavoro, la sua opera più riuscita: elegante, geniale, ipnotica ed inquietante, in perfetto equilibrio tra lo stile lynchiano, surreale ed astratto, ed una resa narrativa fruibile in senso generalista, e non solo dai fans dell'autore. Ad esempio il successivo "Inland Empire", sperimentale, splendido ma tremendamente ostico, è un esercizio stilistico così estremo che sfiora il manierismo iperbolico e finisce per essere "solo" un puro divertissement del regista dedicato ai suoi (tanti) ammiratori, ma solo per questi. Il film si apre con uno degli inizi più belli ed enigmatici che io ricordi, su quella vecchia strada, Mullholland Drive, che attraversa le colline di Los Angeles, offrendo panorami mozzafiato: una notte buia, una macchina lussuosa, una donna affascinante ed enigmatica, dei killer misteriosi, un terribile incidente stradale, una fuga nell'oscurità in direzione Hollywood, la fabbrica dei sogni e delle illusioni. "Mullholland Drive" è una geniale rivisitazione del noir anni '40 che stinge nello psico-thriller e nel melodramma esoterico, erotico e di possente respiro. Visivamente magnifico, elegante, potente, incolla lo spettatore allo schermo immergendolo in un incubo ipnotico che prosegue anche dopo i titoli di coda, nel tentativo di dipanarne la matassa, impresa non particolarmente difficile dopo attenta visione. Gioca di continuo sul filo finzione-realtà ed emoziona utilizzando il linguaggio enigmatico dei sogni, ribaltando di continuo il piano narrativo in modo sottilmente geniale. Ma, nonostante le atmosfere arcane, nonostante il fascino erotico e morboso, riesce anche ad essere una perentoria metafora della vacuità di un mondo, il rutilante star system hollywoodiano, affascinante quanto crudele, intrinsecamente debole perchè fondato su effimere illusioni e su aridi compromessi. In questo senso il film di Lynch è secondo solo al capolavoro assoluto di Billy Wilder, "Viale del tramonto". Innumerevoli le sequenze memorabili: da quella iniziale, già citata, a quella nel retro del Fast Food, da quella nel "Club Silencio" al gioco di sguardi tra le due bellissime donne. Ma, mai come in quest'occasione, è il caso di non svelare troppo e di vedere il film sapendo il meno possibile della trama. Da evidenziare pure, oltre alla regia straordinaria ed alle musiche d'atmosfera del fido Angelo Badalamenti, la grandissima interpretazione della bella e brava Naomi Watts, nel film che l'ha lanciata, a pieno diritto, verso il successo.
Voto:
Dopo Birdman è toccato a The player ed in modo totalmente casuale adesso questo.
RispondiEliminaUn mistero avvolge la sequela di film che sto vedendo.. un filo di Arianna li collega.
Le tue parole mi guidano in un viaggio, recensioni su recensioni la mia mente si apre, immagini oniriche affliggono i miei pensieri. Buonismo contro cinismo. Cinema d'autore vs mainstream. I miei incubi attendono la tua prossima recensione Morpheus