Capolavoro assoluto del neorealismo italiano, film della maturità del grande regista di Sora, costituisce una delle più alte espressioni artistiche del suo connubio con lo scrittore, poeta e sceneggiatore Cesare Zavattini. E' un film straordinario che combina alla perfezione il lucido e spietato realismo del movimento a cui appartiene con la forza e la sincerità dei sentimenti più genuini, grazie ai quali riesce a commuovere ed emozionare evitando, però, le trappole della retorica e del sentimentalismo. Per il suo sguardo intenso ed amaro, per la sua sferzante critica sociale, nobilitata però dall'ammirevole decoro emanato dal protagonista, andò oltre le intenzioni stesse del movimento neorealista e, non a caso, ne segnò la fine imminente, come una sorta di fulgido e definitivo testamento spirituale. Se "Ladri di biciclette" è il film più poetico di De Sica, "Umberto D." è sicuramente quello più sincero e personale, indimenticabile nella sua commistione di dolce e amaro.
Il film racconta, in modo molto toccante e pudico, la triste vicenda di Umberto Domenico Ferrari (interpretato da uno straordinario Carlo Battisti), un pensionato romano, ex dipendente pubblico, che tira a campare con enormi difficoltà, vessato da una pensione esigua e da una cinica padrona di casa. Per sbarcare il lunario ed arrivare alla fine del mese è costretto a (s)vendere alcuni suoi beni a lui cari, come un orologio e dei vecchi libri. Il suo unico e fedele amico è il cane Flaik, un vivace ed affettuoso bastardino che lo accompagna nel suo triste viaggio itinerente attraverso le strade di Roma ed il cinismo della gente che lo circonda. Invece la sola persona che si dimostra gentile e sincera con lui è la giovane ed ingenua Maria, la domestica del pensionato in cui Umberto abita, anch'essa sotto il giogo della venale proprietaria. Maria, una popolana volenterosa e sempliciotta che incarna alla perfezione lo spirito tipico di molte pellicole di De Sica, si trova a sua volta in una difficile situazione: messa in cinta ma senza sicurezza sull'identità del padre ed in dubbio fra due militari di leva che, puntualmente, si defilano. La giovane trova conforto e consiglio nell'anziano Umberto, autentico galantuomo dai saldi principi morali e dalla dignitosa compostezza. Dopo svariate peripezie il povero Umberto, disperato per le sue indigenti condizioni economiche ed incapace di chiedere l'elemosina per il suo decoroso orgoglio, in preda alla disperazione, decide di togliersi la vita, ma deve prima trovare un degno padrone per il suo Flaik. Ovviamente non vi svelo il finale ma invito tutti coloro che non l'avessero mai fatto a recuperare questo capolavoro assoluto del cinema italiano. Il film provocò anche molte polemiche alla sua uscita, sia da parte della classe politica al potere (la Democrazia Cristiana) che della critica elitaria "benpensante", a causa del ritratto sociale, amaro e spietato, che offre dell'Italia del primo dopo-guerra. Insomma, come si dice, quando la verità fa male.
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