martedì 1 novembre 2011

In the mood for love (In the mood for love, 2000) di Wong Kar-wai

Hong Kong, 1962: due coppie sposate, i Chow e i Chan, si trasferiscono in appartamenti attigui. A causa della frequente assenza della moglie e del marito per motivi di lavoro, il signor Chow e la signora Chan prendono a frequentarsi e allacciano un'amicizia con evidente attrazione sessuale, tenuta a freno per il pudore dei tempi. Quando scopriranno che i rispettivi coniugi sono amanti saranno messi a dura prova nel decidere come comportarsi: abbandonarsi alle proprie pulsioni o evitare di commettere il medesimo errore ? Autentico gioiello della nuova cinematografia orientale, unisce le caratteristiche tipiche delle pellicole asiatiche (raffinatezza, eleganza, ritmi compassati, stile ricercato, approfondimento delle tematiche e dei personaggi) alle nuove tendenze filo-europee proprie dell'autore (atmosfere ipnotiche, audacia sensuale, sfasamenti onirici). Il risultato è un'opera suggestiva e preziosa, che riflette sul tempo, sulla vita, sull'amore e, soprattutto, sulla forza, sublime ma dolorosa, dei sentimenti inespressi e delle esistenze non vissute. Ricco di sentimenti, ma privo di sentimentalismi, ricercatissimo, denso di metafore e di riflessioni filosofiche, è uno struggente apologo sulle occasioni mancate e le possibilità incompiute, che si rifà ai grandi Maestri europei, persino al nostro Visconti per la maniacale precisione nella messa in scena del singolo dettaglio. E' assolutamente imperdibile per tutti i cinefili amanti delle pellicole d'autore di alta qualità, ma potrebbe piacere anche ai mainstreamers (purchè abituati ai tempi lenti del cinema orientale). Ricercato, casto e magnetico nell'ellittica ripetizione sfasata della sua essenza, è un melodramma claustrofobico di straniante malia, un dramma intimo, appartato e silente che sembra fatto della stessa materia dei ricordi, o dei sogni. L'epilogo, che è anche l'unica sequenza ambientata in esterni nella splendida cornice del tempio cambogiano di Angkor Wat, è il tocco di genio definitivo che chiude idealmente il cerchio del senso filosofico alla base del film, suggellandolo in una "prigione" di pietra. Perchè l'essenza dell'amore sfugge alla comprensione, alla spiegazione o alla rappresentazione, ma è puro spirito, lieve poesia, solenne presenza. O, in questo caso, assenza. Questo capolavoro assoluto di Wong Kar-wai è una delle pellicole da ricordare del nuovo millennio, omaggiata a Cannes con il premio per la miglior interpretazione maschile a Tony Leung Chiu-Wai. In due aggettivi: sublime e memorabile.

Voto:
voto: 5/5

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