Capolavoro visionario di Terry Gilliam, film d'autore e di culto per tanti cinefili, nonchè una delle migliori pellicole degli anni '80. Purtroppo non è molto conosciuto, ma va assolutamente recuperato perchè è il miglior film dell'estroso Gilliam.
Liberamente ispirato al capolavoro letterario "1984" ("Nineteen Eighty-Four") di George Orwell, ne eredita le atmosfere claustrofobiche, il fascino oscuro e la tematica di fondo, ma se ne discosta, in modo creativo ed a tratti geniale, per dar vita ad un bizzarro e straripante pamphlet visionario con ambizioni di apologo grottesco, in forma fantastica, che funga da monito contro le dittature e gli abusi del potere. Tale e tanto è l'estro del regista, nel citare, omaggiare, referenziare e creare immagini (e mondi) straordinariamente potenti, che il film si presta a molteplici livelli di lettura: è un inno all'amore, è un'elegia della libertà, è una satira pungente contro l'oligarchia, la burocrazia, ma anche contro il fanatismo indecente di certi ricchi boriosi, è una favola nera in forma onirica e tutto senza perdere mai troppo di vista il romanzo ispiratore. Per dare un'idea compiuta dello straordinario lavoro fatto da Gilliam, mi sento di dire che questo film, sebbene poco "fedele" rispetto al testo "sacro" ispiratore, ne è, senza ombra di dubbio, il migliore adattamente mai realizzato al cinema. Inoltre la fertile inventiva nel creare metafore pungenti contro l'assurdità del potere totalitario ne fa, anche, una delle migliori satire politiche dai tempi dei grandi capolavori di questo genere, quali "Il grande dittatore" di Chaplin o "Il Dottor Stranamore ..." di Kubrick.
Anche il cast è di grande livello: Jonathan Pryce nel ruolo del protagonista Sam Lowry (ovvero il Winston Smith del romanzo), Kim Greist nei panni di Jill Layton (la Julia di "1984"), Robert De Niro nel ruolo (inedito) di Harry Tuttle (un pittoresco idraulico anarchico) ed anche Bob Hoskins e Katherine Helmond (indimenticabile nei panni della vecchia megera con la paranoia degli interventi di chirurgia estetica). E' un film d'autore per cinefili, ma potrebbe piacere a tutti, anche ai mainstreamers. Assolutamente consigliato.
Tra le tante curiosità di questo film, mi piace ricordare questa: inizialmente Gilliam voleva intitolarlo "1984 & 1/2" per rendere omaggio sia ad Orwell che al nostro grande Federico Fellini. Poi, però, optò per il titolo attuale per via del celebre motivetto "Aquarela do Brasil" che nel film si sente spesso come ossimoro dissonante rispetto alle atmosfere cupe ed oppressive degli ambienti, ma anche come simbolo eversivo tangibile di quell'ideale, di amore e libertà, che il protagonista insegue nei suoi sogni. Lo stesso regista ha dichiarato di aver pensato al titolo "Brazil" sulla spiaggia gallese di Port Talbot (Galles), ecco le sue parole prese da Wikipedia:
"Port Talbot è una città d'acciaio, con una grigia polvere di metallo ovunque. Perfino la spiaggia ne è completamente ricoperta ed è nera. Il sole era al tramonto, era piuttosto bello. Il contrasto era straordinario. Mi balzò in mente l’immagine di un tipo seduto su questa spiaggia squallida con una radio portatile, che trasmetteva strane canzoni di evasione sudamericane, come Brazil. In qualche modo la musica lo trasportava e rendeva il mondo attorno a lui meno grigio."
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