In una remota e desolata area industriale è accaduto uno strano fenomeno: "qualcosa" è caduto dallo spazio ed ha scatenato forze misteriose. L'area, da tutti denominata "la Zona", viene prontamente recintata ed isolata dalle autorità che impediscono a chiunque di entrarvi e cercano di far calare la cortina del silenzio sugli strani fenomeni. Gli unici che riescono ad intrufolarsi nella Zona sono gli "stalker", ovvero degli esploratori furtivi e clandestini, che si offrono di accompagnare persone all'interno dell'area misteriosa in cambio di denaro. Uno scienziato ed uno scrittore decidono di entrare nella Zona, guidati da uno stalker, per raggiungere la così detta "camera dei desideri", di cui molti vociferano, ovvero un luogo posto nel cuore dell'area recintata, in cui qualunque desiderio di colui che ci entra può essere esaudito. Liberamente tratto dal racconto "Picnic sul ciglio della strada" (1971) dei fratelli Arkadij, "Stalker" è un fosco ed enigmatico apologo sulla fede, sulla ricerca della conoscenza e sull'amara presa di coscienza del fallimento del modello intellettuale di interventismo nella Storia (sovietica ma non solo). Come sempre, in Tarkovskij, siamo di fronte ad un cinema alto, poetico, astratto, che cerca nell'inquietante bellezza delle immagini di trovare il senso intimo delle cose, adottando il linguaggio dei simboli e delle metafore. Ad esempio la Zona rappresenta, evidentemente, la Vita ed il viaggio dei tre attraverso di essa è il percorso dell'Uomo alla ricerca del proprio cammino. La trama e la premessa su cui si regge la vicenda sono, evidentemente, di fantascienza, ma, come già successo nel più famoso e celebrato "Solaris" (1972), l'Autore si spinge ben oltre i confini dei generi per dar vita ad un affascinante affresco distopico distorsivo che mette al centro di tutto l'uomo, la sua condizione, la sua spiritualità, le sue pulsioni ed il suo misterioso destino. Il film si gioca anche sul contrasto, volutamente messo in risalto, tra gli ambienti grigi, ipnotici e quasi "distanti" nella loro silente sospensione ed i dialoghi di matrice filosofico intellettuale tra lo scienziato e lo scrittore. Ma è la loro controparte, il silenzioso e misterioso "stalker", il vero protagonista del film, che parla per aforismi ma che dimostra di essere il più puro, il più vicino alla "conoscenza" ed il depositario della fede. Il loro viaggio iniziatico e, a suo modo, purificatore, è un'amara presa di coscienza dei limiti umani, del cinismo imperante e della meschinità che lo contraddistingue; ma è, anche, la constatazione che la semplicità e l'ammissione della propria debolezza sono l'unica "salvezza" possibile contro il Mistero dell'Ineffabile. Anche il finale, potente, astratto ed ermetico, contiene un sottile messaggio di "speranza", come sottolineato dal commento musicale, l'Inno alla Gioia di Beethoven.
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