martedì 1 novembre 2011

Pulp Fiction (Pulp Fiction, 1994) di Quentin Tarantino

A Los Angeles si intrecciano le storie violente di diversi personaggi, tutti amorali ma, a loro modo, affascinanti: una coppia di maldestri teppisti, innamorati e a caccia di forti emozioni, improvvisa una rapina in un diner. Due killer professionisti, spietati e logorroici, fanno fuori alcuni balordi per recuperare una valigetta dal contenuto prezioso (e misterioso) per conto del loro boss afroamericano; ma, dopo una serie di incredibili peripezie, finiscono nella tavola calda teatro della rapina. Un pugile avido e senza scrupoli decide di truffare il boss prima citato, vincendo un incontro truccato che avrebbe dovuto perdere, per poi fuggire con i soldi delle scommesse clandestine, ma il suo piano troverà pericolosi ostacoli. E ancora: uno dei due killer deve portare fuori la donna del boss, sexy e irrequieta, per farla divertire in una serata tranquilla, ma finirà in una terribile situazione. Tutte queste vicende sono raccontate, con briosa irriverenza, con fare ammiccante e con stile sopraffino, in un mix esplosivo dalla struttura narrativa circolare, che procede in modo non lineare con continui salti temporali in avanti o all'indietro. Non c'è dubbio che questo film sia il capolavoro assoluto del talentuoso e bizzarro regista americano Quentin Tarantino, il manifesto più autorevole della sua estetica che lo ha consacrato sulla scena mondiale come nuova grande eccellenza della settima arte. E' un film straordinario, a suo modo "rivoluzionario", uno dei pochi autentici fenomeni cinematografici degli ultimi decenni. Tarantino paga, a volte, certi suoi eccessi di ego, un manierismo impudente e qualche leziosità di sceneggiatura, ma quando riesce a tenere sotto controllo questi aspetti, equilibrandoli con la sua energica e sfrontata visionarietà e con la sua enorme cultura cinefila (che esplica con sagace citazionismo), dà vita a gioielli impagabili come questo. Pulp Fiction è l'opera che ha saputo riscrivere, attualizzandoli ma anche dissacrandoli, gli stilemi del noir e del gangster movie, ispirandosi a tanta cinematografia "di genere" del passato, e mescolando impudentemente colto e trash, sacro e profano, truce e demenziale. E' una pellicola di pura energia e dai molti volti: un po' western on the road, un po' hard boiled, un po' pulp avant-pop o exploitation da b-movie, senza dimenticare una robusta dose di metacinema sempre sul filo di un'agile gagliardia. Ma tutto questo è tenuto insieme (quasi "miracolosamente") da un'estetica sontuosa, da una rigorosa padronanza narrativa e da un'energia sfrontata che arriva dritta al cuore ed allo stomaco dello spettatore, sempre in bilico tra ironia grottesca, violenza anti-realistica, estetizzazioni allegoriche ed irresistibili nonsense. Una galleria di personaggi coloriti e meravigliosi, tanto improbabili quanto ammalianti, che danno vita a situazioni ora comiche ora tragiche, in una frizzante e truce rivisitazione dello humour nero applicato al sottobosco della malavita. E' un film tanto riuscito quanto importante, del quale non ci si stanca mai, nemmeno dopo svariate visioni successive: per ricchezza stilistica e fantasmagoria di contenuti, o anche "solo" per la miriade di citazioni e collegamenti al cinema di genere "alto" o "basso", da cui l'autore pesca a piene mani da par suo. Come tutti i grandi registi nati oltre oceano, Tarantino fa a pezzi la mitologia del Sogno Americano, anzi la prende in giro nel modo più bieco; ma nei suoi cattivi da fumetto c'è più verità di quella che potrebbe apparire ad una lettura superficiale. E' indubbio che lo stile, il citazionismo e l'aver rivalutato il cinema di genere underground rendendolo artisticamente degno, siano i maggiori pregi del regista, ma Tarantino è uno che di cinema ne sa davvero tanto e i suoi lavori nascondono contenuti meno banali di quanto alcuni potrebbero erroneamente pensare. Chi lo detesta e lo taccia di essere solo un abile "copione" non tiene conto dell'enorme portata estetica che i suoi film hanno avuto sul cinema moderno e sulla cultura popolare. E' vero che molto del suo cinema nasce e muore come divertissment, ma lo sguardo visionario è quello del genio, puro ed incontrollabile, che sta stretto negli stessi schemi a lui tanto cari, fino a diventare autentiche ossessioni in certi casi. Pulp Fiction è diventato, fin da subito, un cult popolarissimo e di enorme successo, adorato dal pubblico e dalla critica, e salutato unanimemente come una fresca ventata di novità in un genere (il crime) ormai fortemente derivativo e ripetitivo. Adorato da vaste schiere di fans in tutto il mondo, ha vinto premi importanti (l'Oscar alla migliore sceneggiatura di Quentin Tarantino e Roger Avery, e la Palma d'Oro al Festival di Cannes) ed ha consegnato alla memoria collettiva una miriade di dialoghi, situazioni e personaggi indimenticabili.

Voto:
voto: 5/5

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