martedì 17 maggio 2016

E morì con un felafel in mano (He Died with a Felafel in His Hand, 2001) di Richard Lowenstein

Danny, trentenne australiano spiantato con ambizioni da scrittore, vive esperienze strampalate tra continui traslochi (da Brisbane a Melbourne e poi fino a Sidney), indecisioni ataviche, nevrosi compulsive, coinquilini stravaganti e padroni di casa ossessivi. Nonostante le tante situazioni paradossali, l’incontro con la bisessuale Anya sembra alleggerire la confusione mentale del nostro, che cerca di mettere ordine nella sua caotica vita. Stralunata commedia australiana, in bilico tra banalità e leggerezza, tratta dall’omonimo racconto di John Birmingham, che, tra tenerezza e confusione, divertimento e sregolatezza, citazionismo e surrealismo, cerca di ritagliarsi un proprio spazio originale nel nuovo cinema australiano. Si procede con frenesia tra alti e bassi in questo film irrisolto come il suo protagonista, un film esilarante e “caciarone”, rapsodico e sregolato, che fa il verso al disagio di una generazione confusa e alienata, cresciuta senza reali problemi, senza valori solidi e senza ideali concreti, capaci di fornire una chiara direzione al proprio percorso esistenziale. Persino il sesso, che appare l’unico motivo di reale interesse per i personaggi, viene vissuto e consumato a casaccio, in modo isterico e arruffato, senza trarne un effettivo giovamento né fisico né psicologico. Questo disordinato magma farsesco dai risvolti kafkiani garantisce un gradevole intrattenimento ma non riesce mai ad andare oltre la patina superficiale nel suo affresco variopinto e dolente. Nel cast vanno segnalate le efficaci prove di Noah Taylor, nel ruolo di Danny, e di Sophie Lee, nei panni di Nina. Il falafel citato nel titolo è un piatto vegetariano mediorientale a base di legumi.

Voto:
voto: 3,5/5

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