mercoledì 11 maggio 2016

L'uomo in più (L'uomo in più, 2001) di Paolo Sorrentino

Nella Napoli degli anni ’80 si svolgono le vicende parallele di due personaggi diversi che condividono lo stesso nome, Antonio Pisapia, e il medesimo destino di inesorabile caduta umana e professionale. Il primo è un crooner di successo, spavaldo e megalomane, che ha smarrito l’estro creativo e incappa in una brutta vicenda giudiziaria per le sue frequentazioni poco raccomandabili. Il secondo è un calciatore ingenuo e introverso, che deve gestire il difficile passaggio tra la fine imminente di un’eccellente carriera sportiva e il sogno di diventare allenatore. Entrambi toccheranno il fondo dell’abisso e proveranno l’amarezza del buio dei riflettori che si spengono, inesorabili, dopo un passato di successi. L’esordio cinematografico di Paolo Sorrentino è un cupo dramma esistenziale ambientato in una Napoli tetra e spietata, raffigurata in maniera volutamente antitetica rispetto agli stereotipi tradizionali. Le due vicende, raccontate in alternanza con un decisivo punto d’intersezione nel finale, sono parzialmente ispirate a quelle reali del cantante Franco Califano e del calciatore Agostino Di Bartolomei. E’ un film intimista, riflessivo e profondamente amaro che mette a fuoco con dolente precisione i due protagonisti (due perdenti di alta densità tragica), per tracciare una palese critica agli ambienti della musica e del calcio, cinicamente rapidi nel far passare i suoi idoli dalla glorificazione all’oblio. Bravissimi i due interpreti, Toni Servillo e Andrea Renzi, in particolare il primo, davvero straordinario, anche nel cantare da sé, con ammirevole credibilità, le canzoni appositamente scritte per il film dal fratello Peppe (leader degli Avion Travel) e dallo stesso regista. Il riferimento alla camorra, pur presente, è soltanto velato perché Sorrentino identifica stavolta il vero “nemico” nel perverso meccanismo distruttivo del mondo dello spettacolo, che, con disumana voracità, divora le stesse icone che ha creato. Effervescente e creativa, quest’opera d’esordio del talentuoso regista napoletano sorprende per la sua lucida analisi sociologica e ci consegna dei ritratti ambigui, profondi e mai banali di figure decadenti ed emblematiche, simboli pregnanti di un mondo in preda al disvalore. Memorabile la sequenza di Pisapia/Servillo che canta mestamente i suoi vecchi successi nella piazza gelida e semideserta di un anonimo paesello di provincia.

Voto:
voto: 4/5

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