martedì 17 maggio 2016

Vittime di guerra (Casualties of War, 1989) di Brian De Palma

Durante la guerra in Vietnam, una squadra di soldati americani, impegnata in una ricognizione in un villaggio nella giungla, sequestra, stupra e uccide una giovane contadina innocente. Quattro uomini partecipano all’infame gesto, guidati dal truce sergente Meserve, ma il quinto membro della squadra, il sensibile Eriksson, si dissocia e denuncia i suoi compagni che saranno condannati, un anno dopo, da un tribunale militare, salvo poi veder ridotte notevolmente in appello le pesanti pene comminategli. Ispirato a un tragico fatto realmente accaduto nel 1966, questo cupo dramma bellico di De Palma (la sua unica incursione nel genere war movie) è un’opera appassionata ma ridondante di acredine e, a volte, troppo superficiale, che ritorna sul tema, abusato, dei crimini gratuiti commessi dagli americani durante la “sporca guerra”. Violento, teso e tecnicamente superbo nella prima parte, tende ad afflosciarsi nella seconda, più canonica e sciatta, in cui la vicenda processuale viene affrontata con scarso mordente e provinciale populismo. L’aspetto più interessante della vicenda, il difficile conflitto morale del soldato Eriksson in equilibrio sul sottile confine tra obbedienza e complicità, viene liquidato in modo sbrigativo, senza il dovuto scandaglio introspettivo che avrebbe meritato. L’impressione finale è quella di un’opera aspra e grossolana, più attenta all’enfasi che alla lucidità della denuncia. Nel cast svetta un “crudele” Sean Penn, sempre sopra le righe, che mette in ombra tutti gli altri: Donald Patrick Harvey, John C. Reilly, John Leguizamo e uno smarrito Michael J. Fox, troppo esile per il ruolo dell’antagonista che decide di rompere il muro dell’omertà in favore della giustizia. Belle ed efficaci le musiche di Ennio Morricone.

Voto:
voto: 3/5

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