mercoledì 11 maggio 2016

Spider (Spider, 2002) di David Cronenberg

Nella Londra degli anni ’80, Dennis Cleg, detto “Spider”, viene dimesso dall’ospedale psichiatrico in cui era ricoverato e viene accolto da una struttura di reinserimento sociale, posta nel quartiere dove è cresciuto. Tra dolorosi ricordi del passato, visioni allucinate e incubi distorti ad occhi aperti, “Spider” cerca disperatamente di rimettere insieme i fili della sua tormentata vita di schizofrenico, continuando a vedere il volto di sua madre, tragicamente morta molti anni prima, in ogni donna che incontra. Angosciante horror interiore di Cronenberg, tratto dal romanzo omonimo di Patrick McGrath che lo ha anche sceneggiato insieme al regista. Sotto forma di oscuro viaggio allucinato nella psiche di un soggetto mentalmente disturbato, questo thriller escheriano di matrice edipica segna l’apice del discorso dell’autore canadese sulle influenze della mente nei comportamenti umani, riuscendo nell’impresa di materializzare le sue atmosfere morbose e farne racconto, spargimento interiore, frantumazione della memoria, rifrazione caotica dei ricordi. Cronenberg ci immerge letteralmente nella prospettiva alienata del protagonista, la cui coscienza disgregata ci sconvolge come un labirinto di specchi infranti, e ci avvolge in un racconto claustrofobico di struttura circolare e di possente malia visionaria, basato più sulla percezione che sulla narrazione. Sul confine sottile tra senso di colpa e rimozione inconscia, questo tetro dramma dell’anima fa coincidere il mondo interiore di “Spider” con gli ambienti esterni, cupi e degradati, di una Londra da incubo, e pone al centro della sua straniante carica ambigua l’eterna incompatibilità tra pulsione sessuale e figura materna, alla base del conflitto edipico. Magistrale il lavoro registico compiuto da Cronenberg che riesce a far coesistere nella stessa inquadratura passato e presente, spiazzando lo spettatore e conducendolo sull’orlo dell’abisso senza però mai mostrargliene esplicitamente il volto. La spirale implacabile di suggestioni disturbanti si avvolge su di noi dando forma concreta ai ricordi di “Spider”, giocando abilmente sul filo sottile tra verità e menzogna nel tentativo (riuscito) di affrescare la follia sui muri consunti e sulle tappezzerie fatiscenti che fanno da opprimente corredo scenografico. Un incubo inesorabile e notturno in cui sarà inevitabile perdersi, abbandonandosi al “piacere” del trip psicologico che ottunde la ragione e scuote i sensi. Straordinarie le interpretazioni di Ralph Fiennes e Miranda Richardson, che possono essere maggiormente apprezzate in versione originale per l’incredibile lavoro compiuto sulle sfumature linguistiche.

Voto:
voto: 4,5/5

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