I tragici cento giorni del terribile
massacro etnico ruandese nella primavera del 1994, durante i quali feroci
squadriglie di paramilitari, appartenenti all’etnia Hutu, sterminarono circa
ottocentomila Tutsi con sistematica efferatezza, approfittando del caos
politico in cui versava il paese. Sullo sfondo dell’agghiacciante genocidio, si
narra la reale vicenda di Paul Rusesabagina, indomito direttore del prestigioso
Hôtel des Mille Collines di Kigali, che egli seppe trasformare in ultimo
rifugio per più di mille uomini e donne dell’etnia Tutsi, salvandoli da una
morte certa. Tra l’indifferenza occidentale e il debole supporto dell’ONU, Rusesabagina,
eroe per caso, mise più volte a rischio la propria vita e quella dei suoi
familiari per aiutare i rifugiati, riuscendo nell’impresa di salvarne più di
1200. Intenso dramma storico diretto da Terry George con crudo realismo,
rigorosa adesione agli eventi, pudica pietà per le vittime innocenti, sincera
indignazione etica e toccante partecipazione emotiva, evitando ammirevolmente
le cadute nella retorica e nel moralismo, spesso quasi inevitabili in pellicole
di questo tipo. Asciugando l’enfasi in favore di un dignitoso senso della
misura, il regista irlandese porta in scena uno dei migliori film storici del
nuovo millennio, bilanciando con sapienza tutti gli ingredienti e non
nascondendo le colpe e le connivenze del mondo occidentale: dalla politica
estera americana dell’era Clinton alle antiche responsabilità dei coloni belgi
che, nel tempo, hanno fomentato l’odio razziale degli Hutu verso i Tutsi con la
loro guida poco attenta alle dinamiche interne della “colonia” africana. Nel
grande cast che annovera Nick Nolte, Joaquin Phoenix, Sophie Okonedo, Jean
Reno, David O'Hara e Cara Seymour, spicca un intenso Don Cheadle nei panni
dell’eroe contemporaneo (purtroppo poco conosciuto) Paul Rusesabagina, la cui
interpretazione misurata e dignitosa conferisce al personaggio una vibrante e
contagiosa umanità. Splendido il commento musicale dell’italiano Andrea Guerra,
capace di fondere abilmente il grande patrimonio etnico centrafricano con il
senso melodico mediterraneo. Questo film necessario, sincero e di grave
bellezza tragica, è una di quelle opere da vedere quasi obbligatoriamente. Per
sapere, per riflettere e per non dimenticare.
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