martedì 17 maggio 2016

In the Bedroom (In the Bedroom, 2001) di Todd Field

In una piccola città costiera del Maine vivono i Fowler, famiglia stimata e morigerata della middle class, composta dal padre Matt, medico rispettato da tutti, dalla madre Ruth, cortese e all’antica, e dal giovane figlio Frank, studente d’architettura. Quando Frank inizia una storia d’amore con la più matura Natalie, separata e con figli, la madre disapprova e cerca in tutti i modi di dissuaderlo. Gli eventi prendono una piega tragica a causa dell’ex marito di Natalie, violento e geloso, che uccide Frank a sangue freddo dopo averlo trovato insieme alla donna, che lui ritiene di sua proprietà. Sconvolti per l’accaduto i coniugi Fowler cercano in tutti i modi di elaborare l’atroce lutto subito, ma quando lo spavaldo assassino del loro unico figlio viene liberato su cauzione in attesa del processo, la loro saldezza morale viene messa a dura prova e i due decidono di entrare in azione direttamente. Tratto dal romanzo “Killings” di Andre Dubus, questo cupo dramma introspettivo, carico di atmosfere malsane e rarefatte, affronta con sobrio rigore temi importanti come il lutto, l’omicidio e la legge dell’occhio per occhio, insita nella cultura americana come retaggio della vecchia frontiera selvaggia, che è alle radici del “nuovo mondo”. L’esordiente Todd Field dirige con mano sicura questa tragedia di ordinario squallore, lavorando per sottrazione e adagiando i suoi toni sommessi sulla forza esplosiva del materiale narrativo di partenza. Il risultato è un affresco lucido e angosciante, severo e glaciale della provincia americana, in cui si annida una violenza mostruosa e strisciante, che cova sotto la cenere del perbenismo. Lo scandaglio psicologico dei personaggi principali è di sapiente finezza e i numerosi sottotesti, celati tra le pieghe della storia, conferiscono alla narrazione uno spessore nettamente sopra la media del cinema americano contemporaneo. Questo thriller psicologico “raffreddato” evita accuratamente le scorciatoie moralistiche e le indulgenze spettacolari, abbracciando un più denso e composto stile di apatica desolazione, che vira nell’apologo metafisico di memoria carveriana. Sofisticato, ambiguo e prevedibile nell’evoluzione finale, è un ritratto secco e dolente del lato oscuro del benessere americano, la cui matrice di primordiale ferocia è tutt’alto che estinta, nonostante la facciata tranquillizzante. In gran forma tutto il cast, in cui spiccano Sissy Spacek, Tom Wilkinson e Marisa Tomei, che ci regalano interpretazioni intense e vibranti, a cui si accompagnano Nick Stahl e William Mapother. Il film ebbe 5 candidature “pesanti” agli Oscar 2002, ma non vinse alcun premio.

Voto:
voto: 4/5

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