venerdì 6 maggio 2016

Il matrimonio di Maria Braun (Die Ehe der Maria Braun, 1978) di Rainer Werner Fassbinder

Nel 1943 Maria sposa Hermann, sergente dell’esercito tedesco, poco prima che questi parta per il fronte russo. Due anni dopo il soldato viene dato per disperso e la donna, per sopravvivere alla miseria del primo dopoguerra, si prostituisce e diventa l’amante di un nero americano. Al ritorno di Hermann scoppia una lite furibonda tra i due uomini e Maria uccide il suo amante per difendere il marito. Hermann si assume la colpa del delitto e finisce in carcere per un lungo periodo. Maria si lega allora al ricco industriale Oswald e dimostra un innato talento per gli affari consentendo all’uomo di aumentare enormemente le sue ricchezze. Ma il vero scopo della donna è quello di arricchirsi per riuscire a realizzare il proprio desiderio di felicità e di benessere insieme al marito, una volta che questi uscirà di prigione. Capolavoro assoluto di Fassbinder e del cinema tedesco, è il miglior film del grande autore bavarese che, sotto l’egida di un melodramma passionale e struggente che si snoda attraverso l’arco di dieci anni, realizza una smisurata allegoria sulla Germania, sospesa tra dramma e sarcasmo, sentimento e crudeltà, cinismo e dolore. Le vicende di Maria, straordinariamente interpretata da Hanna Schygulla (attrice “feticcio” del regista) nella più grande performance della sua carriera, sono l’evidente parabola metaforica del così detto “miracolo” tedesco dalla disfatta bellica alla sopravvivenza disperata, avvenuta utilizzando opportunismo e disponibilità, fino al clamoroso boom economico. Simbolica è anche la data in cui termina il film, il 1954, nel giorno della finale dei campionati mondiali di calcio tra la Germania e la grande Ungheria, incredibilmente battuta dagli indomiti tedeschi dati per sfavoriti dal pronostico generale. Il finale tragico, messo in stridente contrasto con la gioia della vittoria sportiva, sta a dimostrare che solo i danni materiali possono essere riparati, mentre quelli interiori sono spesso irreversibili. La magnificenza del film risiede nel suo armonioso equilibrio tra la metafora sociopolitica e il fiammeggiante melodramma, chiaramente ispirato a Douglas Sirk (eterno modello per il regista tedesco), filtrato attraverso la più problematica sensibilità europea. La messa in scena iperrealista si immola sull’altare di un vivido intimismo tragico che permea l’intera pellicola, la quale si pone come una summa di ammirevole maturità di tutti i precedenti melodrammi fassbinderiani. La superba ricostruzione storico ambientale, l’alta densità espressiva e l’impaginazione sontuosa concorrono alla riuscita del risultato finale di straordinario valore artistico. Tra le tante sequenze memorabili vanno citate il matrimonio sotto il bombardamento, il ritorno di Hermann dalla guerra, gli stratagemmi di Maria nella conduzione degli affari per conto di Oswald ed il celebre epilogo. Lo splendido personaggio di Maria Braun è il primo delle quattro figure femminili (le altre sono Lilì Marlene, Lola e Veronika Voss) attraverso cui Fassbinder realizzerà la sua quadrilogia allegorica sulla Germania.

Voto:
voto: 5/5

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