giovedì 25 settembre 2014

Arca russa (Russkij Kovceg, 2002) di Aleksandr Sokurov

Opera solenne, sperimentale e maestosa del geniale regista siberiano, in cui molti vedono l'erede naturale di Tarkovskij. Sokurov si pone una doppia sfida con questo film evento di portata enciclopedica: narrativa (raccontare la storia del suo paese, la Russia, in soli 90') e tecnica (girare in un unico piano sequenza, senza stacchi di montaggio, per fornire al flusso di immagini la necessaria agilità estetica). Grazie all'uso della camera digitale l'obiettivo tecnico viene raggiunto, mentre su quello del contenuto la critica si è divisa. Al di là del gusto personale è un film stupefacente, per approccio concettuale e realizzazione, che denota un coraggio ed una personalità artistica fuori dal comune e quanto mai rare nel cinema moderno. Tutto il piano sequenza filmico è mostrato in soggettiva attraverso gli occhi di un misterioso personaggio di identità ignota, che si trova in visita al Museo dell'Ermitage (ex Palazzo d'Inverno) di San Pietroburgo. Mentre costui attraversa i grandi saloni del palazzo, ci si trova a compiere dei viaggi nel tempo, dove ogni singola sala corrisponde ad un momento cruciale della storia russa, con i suoi personaggi, i suoi customi e le sue atmosfere d'epoca. Il misterioso visitatore incontra così  Pietro il Grande, l'imperatrice Caterina II e gli zar Nicola I e Nicola II, ma nessuno sembra vederlo tranne un ironico diplomatico francese dell'800, tale marchese Astolphe de Custine, che lo accompagna nel viaggio storico temporale come un novello Virgilio. Con le consuete immagini rarefatte, tipiche del regista, ci troviamo immersi in questo mondo sospeso, tra mille suggestioni e molteplici spunti di riflessione, tra cui non mancano taglienti critiche verso la politica del suo paese. Un paese, la Russia, bellissimo ed immenso, ma che "non c'è": eternamento sospeso, e schiacciato, tra tradizione e leggenda, tra antico e moderno, un paese che ha cambiato tante volte faccia e forma fino a divenire intelligibile. Un paese naufrago, come sancito dal memorabile finale che lascia incantati per portata visionaria e spessore metaforico. In questo sontuoso kolossal storico-fantastico, in bilico tra documentario e romanzo epico, e popolato da fantasmi della memoria che affiorano inquieti per parlarci del passato, ma con un occhio sempre vivo sul presente, assistiamo ad almeno due scene straordinarie: il gran ballo imperiale e l'epilogo già detto prima. Opera magistrale che unisce accademia, mistica e tecnica, purtroppo poco conosciuta in Italia. E' impossibile non ammirarla, applaudirla e restarne rapiti.

Voto:
voto: 4,5/5

Nessun commento:

Posta un commento