lunedì 29 settembre 2014

Roma città aperta (Roma città aperta, 1945) di Roberto Rossellini

Più che un film è un documento, straordinario, sul periodo più oscuro della storia italiana del '900: l'occupazione nazista durante gli ultimi tragici anni della seconda guerra mondiale. Nell'inverno del '44, in una Roma oppressa dal giogo tedesco, si intersecano tre vicende principali: quella di Manfredi, comunista in fuga, che cerca di progettare un'azione contro l'opressore, con l'appoggio di alcuni partigiani e di un'amante ingombrante, quella di Pina (Anna Magnani), popolana risoluta, vedova e con un figlio a carico, che, pur essendo in procinto di risposarsi con Francesco, si offre di aiutare Manfredi, offrendogli riparo, e quella di un prete, don Pietro (Aldo Fabrizi), attivamente impegnato nell'aiutare la gente e non estraneo alle manovre della resistenza. Film mito, beatificato a furor di popolo perchè primo a parlare apertamente di antifascismo e lotta partigiana subito dopo la fine della guerra, diede risalto mondiale al cinema italiano e fece entrare il regista e la Magnani nell'olimpo cinematografico. E' senza dubbio, insieme a Ladri di biciclette di De Sica, il manifesto ed il film più famoso del nostro Neorealismo, studiato nelle scuole, osannato nei festival ed eletto unanimemente come memoria storica del paese. Girato in fretta e con pochi mezzi ha la sua forza nel verismo potente, nei volti dolenti, nei luoghi ancora imbrattati dal lezzo della barbarie e, chiaramente, nella capacità del regista di conciliare, accordandole, le diverse storie che lo compongono, donando al quadro d'insieme un elevato spessore drammatico ed un'immediatezza espressiva che, ancora oggi, tocca il cuore del pubblico. L'urlo disperato della Magnani mentre insegue il caimon nazista che porta via il suo futuro marito, catturato dalla Gestapo, quell'indimenticabile "Francesco!" prima di essere abbattuta da una raffica di mitra, è entrato immediatamente nell'immaginario collettivo, elevandosi ad immagine simbolo di un paese sconfitto, umiliato, calpestato ma anche indignato, disposto a resistere ed a far sì che queste tragedie non vengano mai dimenticate attraverso il potere dell'arte. E' un film immenso ma, ad onor di critica, non privo di difetti che possono essere facilmente identificati in qualche comprensibile eccesso di populismo, dovuto alla lavorazione troppo "a caldo", appena due mesi dopo la liberazione, ed in un'impostazione moralmente a senso unico, e quindi manichea, tuttavia giustificabile essendo un'opera dalla prospettiva del popolo (le vittime), in accordo ai canoni del Neorealismo. Al di là di questo è impossibile non concedere il massimo dei voti a questa icona storica e artistica del nostro paese.

Voto:
voto: 5/5

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