Epopea siciliana in tre atti, pluripremiata, osannata dal pubblico e ambientata in un paese immaginario, Giancaldo, che però rappresenta i ricordi e le esperienze del suo autore, trasfigurate dall'amore per la "settima arte". La prima parte, l'infanzia del protagonista Totò ed il suo rapporto con il vecchio mentore Alfredo, proiezionista tanto ignorante quanto cinefilo, è straordinaria sotto tutti i punti di vista: emozionante affresco storico e di costume, impreziosito dal valore supremo della memoria, che intende raccontare la storia, i mutamenti culturali ed i fenomeni sociali attraverso il Cinema, celebrandone la magia come incanto supremo, momento di aggregazione, termometro dei tempi e mezzo di evasione culturale e spirituale da una realtà ristretta e priva di prospettive. La magnifica sequenza del film, I pompieri di Viggiù, proiettato fuori dalla finestra, sul muro della piazza, tra la folla in delirio, è uno dei momenti visionari più alti della storia del cinema italiano ed è uno straordinario atto d'amore di un cinefilo come Tornatore, cresciuto "a pane e cinema", verso la magia del grande schermo. Il regista di Bagheria omaggia, nella prima parte, tutti i "suoi" classici preferiti (ben 44!), mostrando la costante sovrapposizione tra arte e vita, ovvero tra le immagini di finzione che scorrono sullo schermo del Paradiso e quelle del reale quotidiano della gente del piccolo paesino, un'umanità variegata e colorita, tenera e cinica, rozza e volitiva, egregiamente rappresentata grazie ad una formidabile squadra di caratteristi. La seconda parte, la giovinezza di Totò e la storia d'amore con Elena, è canonica e spesso prolissa; è evidente il suo intento di ammaliare il pubblico tramite scene madri e frasi ad effetto che suonano come artificiose. La terza parte, la maturità del protagonista ed il suo ritorno al paesello natio dopo il successo professionale (guarda caso nel cinema), si risolleva, in parte, grazie a dei riusciti momenti di pura emozione, ma non è esente dalla ridondanza tipica dell'autore, che lo spinge spesso verso eccessi di retorica sentimentale che superano la soglia del tollerabile. In ogni caso, malgrado le pecche che sono congenite in quasi tutto il cinema di Tornatore, il film è, nel suo insieme, ottimo: diretto con mestiere, egregiamente interpretato (con una menzione speciale per un commovente Philippe Noiret, nei panni di Alfredo, e per il piccolo Salvatore Cascio, sorprendente per espressiva spontaneità), suggestivo nelle ambientazioni, puntiglioso nella ricostruzione storico ambientale ed impreziosito dalla meravigliosa colonna sonora del Maestro Morricone, in una delle sue partiture più ispirate. Esistono due versioni del film: quella integrale di 173', uscita nelle sale italiane nel 1988 e poi ben presto ritirata per lo scarso successo commerciale. La produzione impose allora un taglio di 25', che migliorò il film, rendendolo più compatto ed equilibrato, e diede vita alla così detta versione "internazionale", ovvero quella attualmente reperibile in home video e normalmente passata in televisione, che vinse tutti i premi maggiori (Oscar, Golden Globe, Gran Premio speciale della giuria a Cannes, BAFTA) ed incantò il pubblico di mezzo mondo. I formidabili titoli di coda, sulle note struggenti di Morricone, mettono a dura prova anche gli spettatori più insensibili. Furbo e commovente, ma con classa sopraffina.
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