sabato 13 settembre 2014

The Truman Show (The Truman Show, 1998) di Peter Weir

Un'isola da "sogno", una vita "perfetta", un lavoro "tranquillo", una famiglia "amorevole", un amico "fedele". Eppure c'è qualcosa che non quadra nelle giornate incolori e sempre uguali di Truman Burbank (Jim Carrey), nell'ossessiva ripetizione di un rituale quotidiano così impeccabile da risultare monotono perchè privo di quella scintilla vitale data dall'imprevedibilità. E se l'idillio fosse, in realtà, un incubo ? In questa commedia nera d'autore, dai toni grotteschi e i tratti drammatici, si affrontano temi enormi ed attuali, addirittura anticipando il triste fenomeno dei reality show che esploderà poco dopo. Come sempre il cinema dei grandi autori riesce a leggere dentro i fenomeni del tempo, analizzandoli ed evidenziandone i lati oscuri o, addirittura, cogliendo in anticipo certe tendenze con lungimirante estro visionario. La grande paura della società del benessere tecnologico, quella di essere spiati a nostra insaputa, prende forma concreta in questo film di Peter Weir che si erge come un monito sinistro in un mondo che brama di essere costantemente "on-line" per sentirsi al passo con i tempi. L'evidente inverosimiglianza delle situazioni (comunque ben incastonate nell'universo fantastico messo in piedi da Weir) è compensata dalla tagliente critica sociale a cui il regista mira, con le armi della caustica ironia e del paradosso grottesco, per evidenziare gli orrori del mondo moderno: l'invadenza impudente dei media, la cinica spettacolarizzazione del dolore in nome dell'audience, il voyeurismo morboso di un pubblico insaziabile e decerebrato, la deriva culturale e morale del "popolo" televisivo. In un cast ispirato spicca un formidabile Ed Harris nel ruolo del "Creatore", demiurgo tormentato sospeso tra folle senso paterno e delirio d'onnipotenza; ogni volta che lui entra in scena non ce n'è per nessuno. Unico punto debole: il lieto fine che toglie forza al senso dell'opera che, comunque, costituisce uno dei migliori film degli anni '90. Tra Dick e Orwell, questa agghiacciante istantanea dei nostri tempi, non priva di allegorie religiose, gioca abilmente con i concetti di realtà e finzione che sono poi alla base del potere intrigante del mezzo televisivo, che qui viene messo a nudo in tutta la sua aberrante condotta. Lo spettacolo, questa volta, non deve continuare.

Voto:
voto: 4/5

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