mercoledì 24 settembre 2014

Solo Dio perdona (Only God Forgives, 2013) di Nicolas Winding Refn

Julian è un americano tormentato e dal passato oscuro che ha lasciato la patria nativa per Bangkok, dove fa l'allenatore di thai boxe. Quando il violento fratello scapestrato massacra una giovane prostituta locale si scava la fossa con le sue mani e Julian non può far nulla per salvarlo. Ma la loro dispotica madre, a capo di una gang criminale, non ci sta e sbarca nella metropoli asiatica per farsi giustizia a modo suo. Ma le regole di Bangkok sono molto diverse da quelle americane e tutti dovranno soccombere a un feroce ex poliziotto in pensione che sembra l'incarnazione stessa della morte. B movie patinato e pretenzioso che ambisce ad essere, ma riuscendovi solo in parte, un apologo puro (nel senso di essenziale) sugli abissi della violenza. Narrativamente scarno e stilisticamente elegantissimo, con una cura estrema dei colori e della fotografia che cercano l'estetizzazione suprema del gesto violento, esaspera al massimo livello il discorso visuale già visto in Drive. E' uno spaccato brutale e monocorde dei cupi mondi "sotterranei" di una Bangkok, un po' Sodoma e un po' Gomorra, in cui la crudeltà prevale su ogni cosa e l'unico che si trova a suo agio è il Diavolo (Vithaya Pansringarm). Gli aspetti psicologici più interessanti, come la probabile impotenza del protagonista (Ryan Gosling) o il suo rapporto morboso con la tirannica madre (Kristin Scott Thomas), sono solo abbozzati e restano appena in superfice, alla maniera di Refn, manierista radicale perennemente a rischio di esercizio di stile. E questo film non fa eccezione, anzi la sua greve seriosità non favorisce l'indulgenza del giudizio. Come già visto in altre sue pellicole Refn dice ben poco, ma lo dice bene.

Voto:
voto: 3/5

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