La guerra, quella terribile, disumana, lacerante, che ti viene a cercare dentro casa e ti porta via tutto in un attimo, vista attraverso gli occhi di una bimba di 8 anni, Martina, che ha smesso di parlare dopo aver visto morire il fratello più piccolo. Questa è, in breve, l'idea di fondo di questo emozionante dramma storico, ambientato a Marzabotto nei giorni del terribile eccidio compiuto dai nazisti nell'autunno del 1944 e che costò la vita a 770 civili tra cui vecchi, donne e bambini. Diretto splendidamente da Giorgio Diritti, senza enfasi, senza retorica sentimentale ma con la composta asciuttezza che si deve alle grandi tragedie storiche dove le azioni, gli sguardi, i gesti parlano da soli senza ricorrere a facili "ricatti" morali. La forza del film è nel contrasto tra il realismo delle immagini, aumentato dal dialetto bolognese e dalla fotografia sgranata che richiama la memoria storica dei nostri padri, e la trasfigurazione fantastica dovuta al punto di vista della piccola protagonista, che, in silenzio, cerca di sopravvivere all'orrore quotidiano con la forza suprema del proprio mondo interiore infantile, mentre aspetta con ansia la nascita del nuovo fratellino, un Uomo nuovo: l'uomo che verrà. Le terribili immagini della strage finale, necessarie e mai compiaciute, sono mitigate dal finale visionario che lascia aperta la speranza per il futuro, perchè la forza dell'animo umano è quella di andare avanti, nonostante tutto. Film stupefacente, una grande lezione di cinema che, purtroppo, non ha avuto la visibilità che meritava presso il grande pubblico. Il cinema italiano non è da considerarsi morto e non morirà fino a quando ci sarano questi film e questi registi. Da non perdere.
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