lunedì 22 settembre 2014

Trainspotting (Trainspotting, 1996) di Danny Boyle

Dal romanzo "maledetto" di Irvine Welsh, Danny Boyle ha tratto un film crudo, sporco, sordido, come i suoi protagonisti: una banda di giovani scozzesi sbandati e senza prospettive, dediti unicamente all'uso massiccio di droghe pesanti. Sospeso costantemente tra il documento brutale e la commedia nera, con punte di allucinata carica visionaria nei momenti di "sballo", è un affresco "no frills" di gioventù dannata che non fa sconti, non cerca scuse, non adduce alibi, nè pretende di lanciare messaggi. E' una squallida storia di droga raccontata dall'interno, dal punto di vista dei tossici e, quindi, in modo tossico. Ma Boyle è un regista furbo quanto basta per decidere, se non di guarnire lo scenario, di donare una carica di "simpatia" ai suoi bizzarri protagonisti, incappando così nelle accuse di aver realizzato un "elogio" implicito dei tossicodipendenti. Tra moralisti detrattori, che l'hanno bandito, e giovani entusiasti, che l'hanno eletto a cult generazionale, la verità sta nel mezzo: opera discontinua, dal passo "rock" e dall'animo greve, più forma che sostanza, che ha i suoi momenti migliori nelle derive fantastiche, scarti surreali che attenuano la brutalità delle situazioni, e nell'impudente esternazione di un nefasto cameratismo, come panegirico dell'anormalità. Ma, per il resto, il presunto coraggio registico è appena superficiale, e, quindi, meramente apparente, ed anche la presunzione di "originalità", per il fatto di raccontare una storia di droga dalla prospettiva dei drogati, non è realistica visto che il nostro Claudio Caligari l'aveva già fatto, nel 1983, con il trucidissimo Amore tossico. In definitiva il film di Boyle è un caso esagerato che però ha avuto il merito di lanciare Ewan McGregor nell'olimpo delle star cinematografiche. Per la cronaca "trainspotting" vuol dire "guardare i treni mentre passano", ovvero consumare la propria esistenza in modo passivo, per poi cercare una via di fuga nei "paradisi" chimici, artificiali. Proprio come la fenomenologia legata al film.

Voto:
voto: 3/5

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