martedì 9 settembre 2014

The Tree of Life (The Tree of Life, 2011) di Terrence Malick

Possente elegia sulla vita, il suo senso profondo, il suo mistero ed il suo essere, al tempo stesso, dolore e incanto, disperazione e meraviglia. La vicenda centrale è quella di una famiglia texana degli anni '50, i cui figli (il maggiore in particolare) crescono tra due poli opposti: un padre autoritario ed una madre amorevole, che rappresentano le due vie che, secondo il regista, determinano le umane sorti: la via della Natura, severa, impassibile, ineluttabile, e quella della Grazia, attinente ai sentimenti, alla compassione, alle tensioni spirituali e, quindi, alle emozioni più profonde. Un lutto tragico e improvviso cambierà per sempre gli equilibri familiari, innescando eventi irreversibili. Riflettendo sulle vicende di "una vita" (la famiglia protagonista) Malick intende parlare de "la Vita", quella che, dalla creazione all'estinzione, abbraccia destini, storie, speranze, conflitti, mutamenti, viste come miriadi di gocce in movimento nel grande quadro dell'universo, piccole ma necessarie al grande divenire della Natura. Il film procede per ellissi narrative, astrazioni metaforiche, sul filo dell'alternanza tra micro e macro, particolare ed universale, in un continuo slittamento dei piani temporali tra il passato (del mondo, la cosmogonia), il presente (della famiglia, di cui Jack, il figlio maggiore, rappresenta l'elemento cruciale) ed il futuro (in cui Jack, adulto, cerca un senso alla vita, la sua ma non solo). Diviso in tre parti, non omogenee e non tutte di pari livello, ed in mille suggestioni, è un meraviglioso flusso di immagini straordinarie (alla maniera di Malick) che innesca malie profonde, riflessioni penetranti, lasciando nello spettatore incanto e smarrimento. E', probabilmente, l'opera più ambiziosa del grande Maestro texano, una summa (sia estetica che filosofica) dei sui temi, dei suoi stilemi, qui splendidamente enfatizzati fino ad un sontuoso manierismo. Lo squilibrio tra i dialoghi (quasi sempre sentenziosi ed a volte banali) e le immagini (potenti, avvolgenti, sublimi) è evidente più che nelle opere precedenti e l'estrema pretenziosità alla base della pellicola (già solo per il tema trattato) non sempre si concretizza in palpabile densità espressiva, basti pensare alla "risoluzione" del finale (l'aldilà oltre la porta) che di certo non brilla per originalità di rappresentazione. Ma i momenti di volo alto si sprecano ed è impossibile non collocare questo film, per i suoi tanti meriti, come uno tra i migliori del nuovo millennio. E il tempo certamente ne decreterà lo status di capolavoro, come per quasi tutte le opere di Malick, la cui originalità di sguardo ha l'ardore fiero delle idee imperiture, quelle che travalicano tempi e mode, cambiando le coscienze. E questo nuovo viaggio, spirituale, nel tempo e nel destino dell'uomo, sussurrato come una preghiera accorata, è di quelli che resteranno. Non sarà certo un caso se tutti i divi di Hollywood (in questo caso Brad Pitt e Sean Penn) fanno la fila per mettersi "al servizio" del genio di Malick.

Voto:
voto: 4,5/5

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