Era un'impresa ardua adattare degnamente per il grande schermo il romanzo/documento di Roberto Saviano, "Gomorra", best seller e fenomeno lettarario nazionale degli anni 2000. Il bravissimo Matteo Garrone, che rappresenta, come Sorrentino, il meglio tra i registi italiani contemporanei, non solo ci è riuscito ma ha saputo addirittura far meglio, realizzando il più grande "mafia-movie" mai girato nel nostro paese, il più intenso e spietato, il più efficace dal punto di vista della denuncia e dell'indignazione morale che sempre dovrebbe accompagnare opere di questo tipo. Insomma, in una parola, questo è il film di mafia definitivo, quello da consegnare ai posteri come monito e come testimonianza di una tragedia sociale che riguarda l'Italia tutta, non solo le province di Napoli e Caserta. Film crudo, nero, realistico, girato nel dialetto originale, con un formidabile cast di attori e caratteristi, molti dei quali presi dalla strada, Gomorra restituisce tutta la potenza della requisitoria in prosa di Saviano, amplificandola con la forza evocativa delle immagini, dei luoghi, dei volti, che ci immergono in questo mondo selvaggio e crudele popolato da moderni barbari che vivono al di fuori della civiltà. Non c'è più traccia dell'antica "Campania Felix", terra generosa di prosperità e di bellezza, nella Gomorra criminale edificata da delinquenti senza scrupoli, che vendono la propria terra (e la propria anima) per un effimero potere fondato sul sangue. Garrone sceglie cinque storie emblematiche montate in parallelo, e in continua alternanza, per portarci dentro la camorra campana, facendocene percepire il lezzo e tutto il suo orrore: la storia di Totò, tredicenne di Scampia che sogna di diventare come i "grandi", entrando nel mondo dello spaccio, dei furti e dei delitti, e ne avrà presto l'occasione attraverso un terribile "esame". La storia di Ciro e Marco, due giovani sbandati, maldestri e ignoranti, che trovano un arsenale della camorra e giocano a fare "Tony Montana" per sentirsi forti. E poi ancora la storia di Pasquale, sarto abilissimo che lavora, sfruttato e in nero, al servizio dell'alta moda, ma senza saperlo. Ed infine le storie di Don Ciro, mite portasoldi della mala che si trova coinvolto nel centro di una guerra per la scissione di due clan, e di Franco (Toni Servillo) e Roberto, che lavorano nello smaltimento clandestino dei rifiuti tossici e riempiono la loro terra di veleni, con la compiacenza di certe grandi industrie del nord. Gomorra è un film indimenticabile, il primo in assoluto nel nostro paese che sceglie l'approccio documentaristico senza romanzare, senza rappresentare i criminali come anti-eroi "affascinanti" e, soprattutto, senza mai cercare facili giustificazioni o alibi sociali, come tante pellicole qualunquiste hanno fatto in passato. Gomorra è un'opera feroce di denuncia e di condanna, senza appello e senza condizioni, come è giusto che sia in questi casi. Meritatamente gratificata con il Gran Premio della Giuria al Festival di Cannes ed accolta con grande entusiasmo dalla critica internazionale. Chi ha polemizzato alla sua uscita ha solo due scuse possibili: ignoranza o malafede.
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