lunedì 29 settembre 2014

La passione di Giovanna d'Arco (La passion de Jeanne d'Arc, 1928) di Carl Theodor Dreyer

Mirabile capolavoro del cinema muto, di cui quest'opera costituisce uno dei massimi risultati mai conseguiti, per alcuni il migliore in senso assoluto. Dreyer porta in scena gli ultimi tragici giorni della Pulzella d'Orléans, vilipesa, processata e bruciata viva sull'altare del fanatismo e della superstizione. Opera d'arte di sontuosa fattura e di assoluta avanguardia, celebra la figura femminile, elemento centrale del cinema di Dreyer, con un'intensità, una partecipazione emotiva, una suggestione pietosa e un misticismo evocativo mai più raggiunti in nessun'altra opera cinematografica. Più che un film storico è un monumento celebrativo al volto umano, qui usato come specchio della storia e dell'anima, per abbattere le distanze temporali e culturali e metterci in totale sintonia con la sofferenza di Giovanna, un dolore universale espresso con straordinaria espressività dall'attrice Renée Falconetti, nell'interpretazione della sua vita. L'attrice si sottopose a dure prove psicofisiche, come il taglio totale dei capelli, per diventare l'allucinata maschera di dolore che vediamo sullo schermo ed uscì assai provata dall'esperienza sul set. Si è anche detto, per anni, che la scena del salasso subito dalla martire fosse reale ma poi, nel tempo, la voce è stata smentita e oggi sembra certo che a girarla non fu la Falconetti ma una controfigura. E' geniale e rivoluzionario lo studio compiuto dal regista sul volto umano per trasmetterci le emozioni, azzerando i "limiti" naturali del film storico (quali anacronismo e ricostruzione degli ambienti) ed "attualizzando", quindi, fatti secolari, decontestualizzandoli e rendendoli senza tempo. Il volto sofferente di Giovanna, costantemente in primo piano per almento metà film, bilancia e condensa il tempo e lo spazio, e diventa un elemento espressivo eterno, un simbolo archetipo del dolore e dell'ingiustizia, una nuova icona di santità totalmente umana. Lo straordinario uso espressionista del primo piano dona alla vicenda ed ai personaggi un risalto plastico di incredibile fascinazione e conferisce all'opera un assoluto rilievo tecnico nella storia della settima arte. Tale è la forza delle immagini di questo film, ed il pathos che ne deriva, che se ne resta avvinti e sembra quasi di poter "sentire" i rumori e le urla provenire dalla nostra anima: l'assoluto espressionismo del volto dreyeriano dà parola al silenzio e ci "parla" ancora oggi, eternamente immortale proprio come il martirio della protagonista. Esistono diverse versioni di questo capolavoro, quella solitamente circolante presenta circa 25' di tagli significativi rispetto all'originale. Per fortuna, negli anni '80, è stata ritrovata una copia del primo negativo, scampato ad un incendio, che ha consentito la stampa di una nuova più completa edizione, probabilmente prossima a quella voluta dal Maestro danese.

Voto:
voto: 5+/5

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