mercoledì 7 giugno 2023

Black Phone (The Black Phone, 2021) di Scott Derrickson

Sul finire degli anni '70 a Denver (Colorado), il piccolo Finney è un ragazzetto insicuro già alle prese con svariati problemi che la vita gli ha posto di fronte: orfano di madre suicida, bullizzato a scuola e con un padre violento ubriacone che sfoga sui figli la delusione del proprio fallimento. La sua unica vera alleata è la sorella Gwen che, esattamente come sua madre, ha dei poteri psichici di preveggenza che le consentono di "vedere cose". Nella città si aggira un serial killer soprannominato "il rapace" ("the grabber" in originale), che rapisce e uccide i minorenni dopo averli attirati nel suo furgone, utilizzando l'attrazione dei palloncini neri che reca sempre con sé. Finney, timido, fragile e con famiglia disfunzionale, è il profilo di vittima ideale per il "mostro" e, infatti, finisce rapidamente nelle sue grinfie. Si risveglia in catene in uno scantinato dalle pareti insonorizzate e ben presto capisce che l'assassino, prima di uccidere i malcapitati, tende a fare con loro un lungo e sadico "gioco" di sottomissione psicologica, provocandoli e mettendoli alla prova in diversi modi per il proprio "godimento". Nella sua squallida prigione sotto il livello stradale, Finney trova un vecchio telefono a muro, il cui cavo è però tagliato. Ma un giorno, incredibilmente, l'apparecchio telefonico inizia a squillare, lasciando il ragazzo sbigottito. Chi ci sarà dall'altro capo del filo? Questo horror adolescenziale, scritto e diretto da Scott Derrickson (specialista del genere), è tratto dal romanzo omonimo di Joe Hill, pseudonimo di Joseph Hillström King, figlio del leggendario romanziere horror Stephen King. E se "buon sangue non mente" è anche vero che il frutto non casca mai troppo lontano dall'albero, e infatti questa storia di paura e di violenza è stracolma di elementi tipici riconducibili alle opere del "bardo" del Maine: il mondo dell'infanzia che deve combattere contro il male e contro l'inadeguatezza degli adulti incapaci o disinteressati, la metafora di un'avventura sinistra come racconto di formazione, i problemi familiari come "culla" ideale di un dark side che poi si manifesterà all'esterno, il provincialismo becero delle cittadine di un'America molto distante da quella delle metropoli, la commistione tra il soprannaturale e la squallida brutalità di un contesto sociale degradato. C'è tanto di King senior in questo Black Phone, sia nel libro che nel film, e questo costituisce, allo stesso tempo, il pregio ma anche il limite della pellicola, carica di spunti inquietanti e di elementi interessanti nel loro marcato simbolismo, ma anche derivativa, prevedibile e troppo ligia alle "sacre regole" di un immaginario ormai fortemente collaudato come quello kinghiano. Il perentorio lavoro di regia di un autore perfettamente a suo agio con la materia, alcune belle trovate visive e l'eccellente performance degli attori principali (la più brava è Madeleine McGraw, seguita a ruota da Mason Thames e da un Ethan Hawke "mascherato" che non ti aspetti), sono i punti di forza di quest'opera che piacerà sicuramente agli appassionati di horror (e di King in particolare), ma che poco aggiunge alla lunga storia del cinema dell'orrore, anche in ambito strettamente contemporaneo. La maschera del "grabber" è effettivamente spaventosa, così come gli archetipi arcani dell'orco e della cantina garantiscono sempre forti suggestioni ancestrali; non a caso la pellicola ha ottenuto ottimi incassi e critiche generalmente benevole. Peccato che le manchi quel balzo che non ti aspetti, necessario ad alzare l'asticella e donarle uno scarto rispetto alla media. In fondo le premesse iniziali c'erano tutte.

Voto:
voto: 3/5

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