Un gruppo di giovani rimane bloccato nei boschi selvaggi del West Virginia, lontano dai centri abitati e in una zona così impervia che persino i telefoni cellulari non hanno campo. Ben presto scoprono che l'incidente subito dalla loro auto è di natura dolosa: una catena dentata, posta al centro della carreggiata che stavano percorrendo, ha provocato lo scoppio dei pneumatici mandandoli fuori strada. Nel tentativo di trovare soccorsi, i ragazzi si addentrano nella foresta, ma ben presto scopriranno di essere braccati da una banda di crudeli cannibali dall'aspetto orribile, che abitano quei luoghi da tempo immemore. Questo teen-horror scritto da Alan McElroy e diretto da Rob Schmidt con sadico piglio effettistico, è un film di paura ispirato ad un'antica e macabra storia scozzese del XVI secolo, i cui contorni si disperdono nella leggenda ma che ha un accertato fondamento di verità. La vicenda in questione è quella di Sawney Bean, spietato assassino a capo di un clan di cannibali che vivevano nelle grotte dell'Ayrshire e uccidevano i malcapitati viandanti che attraversavano quelle zone remote per cibarsi delle loro carni. Con un cast di giovani attori in cui spicca la bella e tosta Eliza Dushku (americana del Massachusetts, ma di origini albanesi), la pellicola scivola via agilmente tra spaventi "telefonati", inevitabili jumpscare e l'immancabile mattanza che non disdegna l'esplicitazione di sangue e truculenze di ogni tipo. Non è un'opera per niente originale (la tematica dei redneck pericolosi o delle famiglie di assassini psicopatici che vivono nella profonda provincia statunitense ai margini della civiltà è stata ampiamente sfruttata dal genere horror dagli anni '70 in poi) e gli esiti narrativi sono tutt'altro che imprevedibili, anzi aderiscono perfettamente agli stereotipi delle pellicole di questo tipo, per la gioia degli irriducibili appassionati che non cercano altro. Ma non tutto è da buttare via: la forza sinistra delle ambientazioni immerge lo spettatore (così come gli sventurati protagonisti) in un'atmosfera da incubo ancestrale, che evoca sinistri archetipi dei racconti spaventosi (il bosco) e regala alla cruenta storia il sapore primordiale di una lotta per la sopravvivenza antica come quella del genere umano. Ampiamente grossolana è invece la scelta manichea di raffigurare le "prede" tutte giovani e avvenenti ed i "cacciatori" tutti mostruosi e ferocemente disumani. Anche a causa del budget esiguo speso nella realizzazione, il film ha ottenuto dei soddisfacenti incassi, dando vita ad una estenuante saga di seguiti e remake, per un totale di sei, che per adesso si è fermata con il reboot del 2021 diretto da Mike P. Nelson e sceneggiato ancora una volta da Alan McElroy. Ma c'è da scommettere che il bosco (e i suoi orrendi abitatori) abbiano ancora fame.
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