Antonio Mombelli fa il maestro elementare a Vigevano, ama il suo lavoro ed è orgoglioso di far parte del ceto intellettuale, accontentandosi dignitosamente di uno stipendio mediocre e di una vita semplice. Ma sua moglie Ada, frustrata e materialista, si lamenta di continuo della sua mancanza di ambizione, prova invidia per i concittadini più ricchi che lei considera dei "vincenti" ed angustia il mite Antonio per spingerlo a cambiare lavoro e tentare la strada dell'imprenditoria. Nonostante la sua riluttanza verso sotterfugi e compromessi, l'uomo si vede costretto ad accettare pur di accontentare la moglie, abbandona il suo sicuro incarico nella scuola e, con i soldi della liquidazione, apre un piccolo calzaturificio. Ma, dopo alcuni effimeri successi iniziali, dovrà fare i conti con una realtà sempre più difficile e deludente, con la quale il nostro non è attrezzato a competere. Questa tagliente commedia drammatica di Elio Petri, tratta dal romanzo omonimo di Lucio Mastronardi e scritta dal regista insieme ad Age & Scarpelli, è un apologo sarcastico sui malcostumi e il provincialismo dell'Italia del boom economico, di cui vengono messi alla berlina, con corrosiva lucidità, la mentalità meschina ed i vizi principali: corruzione, arrivismo, cinismo, avidità, ignoranza, furbizia, volgarità, conformismo, ossessione per l'arricchimento come status symbol di un modello preconfezionato di felicità. Forte della magnifica interpretazione di Alberto Sordi (in uno dei suoi personaggi più famosi e riusciti) e di un cast funzionale tra cui citiamo Claire Bloom e Piero Mazzarella, questo ironico atto d'accusa ai comportamenti deteriori dell'Italietta degli anni '60 rappresenta l'unica vera incursione del grande autore romano nel territorio della Commedia all'italiana, in cui dimostra di sapersi muovere con agile abilità, nonostante non ne padroneggi tutti i requisiti per indole, estetica e approccio. Molti hanno evidenziato, a ragione, una sorta di ideale filo conduttore tra il personaggio del maestro Mombelli e quello (memorabile) di Silvio Magnozzi, altro cavallo di battaglia dell'itinerario sordiano, interpretato da "Albertone" nel capolavoro di Dino Risi Una vita difficile (1961). Le musiche di Nino Rota sono un'altra nota di merito di questo film di amaro dileggio, che fa ridere e fa riflettere e che, metaforicamente, può essere visto come una sorta di canto del cigno di quel decoro umile e onesto ereditato dall'antica cultura contadina, definitivamente soffocato dalla "sirena" ammaliante del consumismo.
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