Alice, giovane traduttrice di francese, è afflitta da un incubo ricorrente che turba le sue notti: un'astronauta sbarcato sulla superfice lunare che viene abbandonato e lasciato morire da un sinistro scienziato di nome Blackmann. Dopo aver fatto di nuovo lo stesso sogno, la donna si risveglia con un vuoto di memoria e non ha alcun ricordo di cosa ha fatto negli ultimi tre giorni. Una misteriosa cartolina trovata in casa, la spinge a recarsi a Garma, una località balneare turca. Giunta qui Alice nota con stupore che diverse persone la conoscono, sebbene lei ritenga di non essere mai stata prima in quel luogo. La sua indagine a ritroso, alla ricerca della memoria perduta, la condurrà ad una terribile verità. Questo inquietante psico-thriller di Luigi Bazzoni, passato in sordina alla sua uscita e praticamente sconosciuto al grande pubblico, è uno dei migliori tra i tanti film di suspense che il cinema italiano produsse negli anni '70. Per il suo ritmo lento, per le sue atmosfere oniriche di minaccia incombente che non si palesa mai esplicitamente, per il suo incedere silenzioso ed enigmatico con un intreccio narrativo straniante e privo di coordinate certe, non venne compreso dal pubblico dell'epoca, che lo ritenne troppo strano, troppo ambiguo e lo bollò, superficialmente, come noioso. E invece si tratta di un piccolo gioiello da riscoprire e da rivalutare, un'opera originale, quasi unica nel suo genere, che non somiglia a nessun'altra uscita in quel periodo e che rinuncia del tutto alla violenza esplicita, al sangue ed all'esposizione di corpi femminili nudi, in favore di atmosfere angoscianti e di suggestioni ipnotiche, immergendo lo spettatore negli incubi e nel disagio psicologico della protagonista. Girato con pochi mezzi ma con molte idee, e con uno stile tanto elegante quanto misterioso, ha forse la sua unica pecca nel twist finale, che è indubbiamente potente ma realizzato in modo frettoloso, creando così un effetto di distorsione rispetto a quanto di buono mostrato fino a quel punto. Prodotto dalla Cineriz di Angelo Rizzoli, il film è tratto dal racconto "Las Huellas" di Mario Fanelli, che è accreditato anche come co-sceneggiatore e co-regista, sebbene nei titoli dell'epoca non fosse espressamente citato. In realtà Fanelli collaborò solo marginalmente alla regia, limitandosi ad una serie di consigli e ad un lavoro di supervisione da dietro le quinte, ma di fatto non girò mai alcuna scena sul set. Questa suggestiva opera d'essai, che vede la brasiliana Florinda Bolkan assoluta protagonista, si avvale anche di un reparto tecnico di prim'ordine, con la colonna sonora di Nicola Piovani e la magnifica fotografia di Vittorio Storaro, che ci regala una lunga sequela di immagini di raffinato allure, con un sapiente gioco di controluce e di chiaro scuri, offrendoci visivamente la prospettiva della mente confusa di Alice. Davvero troppa grazia per il pubblico tipico dei thriller italiani di quegli anni.
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