Nella notte di Natale, in una grande residenza della brughiera inglese, ospitati da Nell e da suo marito Simon, un gruppo di vecchi amici (che hanno condiviso gli studi e tante esperienze di vita) si riunisce per trascorrere insieme la festa. Con loro c'è anche una nuova arrivata, la giovane americana Sophie, che è la compagna di James, affascinante medico oncologo di colore per il quale l'esuberante Sandra, sposata con il tedioso Tony, ha sempre avuto un debole. Durante la cena natalizia iniziano ad emergere vecchie tensioni, taciuti dissapori e trascorsi mai digeriti, ma anche la sensazione minacciosa che, sotto sotto, c'è qualcosa di ben più grave che non va. Ci sono dei film che vanno visti obbligatoriamente "al buio", ovvero senza sapere assolutamente nulla della trama, al netto di qualche blanda premessa d'avvio, per non rovinarsi in nessun modo il piacere e le sorprese della visione. Questa brillante opera prima di Camille Griffin, in duplice veste di sceneggiatrice e regista, è proprio uno di quei film. Non è facile scriverne la recensione tenendo fede a quanto appena detto e riuscirne ad analizzare degnamente i contenuti senza incappare in delittuosi spoiler, ma il gioco vale la candela. Diciamo quindi che la pellicola parte come una commedia dai risvolti drammatici e che, per circa mezz'ora, fa quasi pensare ad una sorta di "grande freddo" ambientato ai giorni nostri e attraversato da graffi di black humour tipicamente britannico nei toni e nei modi. Ma poi diventa tutt'altro, lasciando spiazzato lo spettatore e continuando a farlo fino all'epilogo: una sorta di horror concettuale privo di sangue e di violenza esplicita, senza mai rinunciare ai tocchi ironici e arricchendosi sempre più di argomenti importanti, attuali, tragici e persino politici, che susciteranno riflessioni non banali nel pubblico. E' un film che morde ed a tratti sconcerta questo Silent Night, provocatorio fin dal titolo ambivalente di cui solo alla fine si coglierà pienamente il senso; un film carico di veleni caustici nei confronti delle politiche occidentali e del lassismo delle popolazioni (occhio che si parla anche di noi!) nei confronti di certi problemi costantemente presi sotto gamba. Ma, e qui risiede l'aspetto più accattivante, è addirittura sorprendente la capacità dell'opera di risultare inquietantemente preveggente rispetto a tutte le problematiche, le tragedie, le discussioni, i sospetti e le teorie complottistiche che sono nate durante il periodo della pandemia di covid-19. La sceneggiatura è stata scritta nel 2019, quindi poco prima che tutto iniziasse, e persino lo spettatore più distratto e mentalmente pigro non potrà fare a meno di notare come siano numerosi i punti in comune tra i dilemmi etici, politici e individuali raccontati in quest'opera e quelli che hanno tenuto banco nei quasi 3 anni vissuti sotto l'ombra sinistra del corona virus. Nel ricco cast, che annovera Keira Knightley, Matthew Goode, Annabelle Wallis, Lily-Rose Depp, Lucy Punch e Sope Dirisu, compaiono anche i tre figli piccoli della regista, tra cui il bravissimo e lanciatissimo Roman Griffin Davis, già ottimo protagonista di Jojo Rabbit (2019) di Taika Waititi, che qui spicca di una spanna su tutti i "colleghi" adulti e famosi. In Italia questo film non è mai stato distribuito, nemmeno in streaming (!). E' d'uopo che, anche su questo, cali il silenzio.
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