Nella Roma di oggi una strana pioggia torrenziale cade da giorni provocando la tracimazione delle acque dai tombini e l'esalazione di una nebbia verdastra che, se inalata, provoca un terribile effetto sulle persone, facendone emergere il lato oscuro, la rabbia repressa, il male ancestrale insito in ognuno di noi. Mentre esplode il caos e la paura, soprattutto nei quartieri periferici più degradati, le storie drammatiche di diversi personaggi si intrecciano, tra cui quella di Thomas, francese trapiantato in Italia che si arrangia per sopravvivere, e dei suoi due figli: Enrico, giovanotto sbandato e problematico, e Barbara, bimba disabile istintivamente buona e affettuosa. Il secondo lungometraggio del giovane regista e sceneggiatore pugliese Paolo Strippoli è un cupo horror ambientale di matrice metaforica che, partendo da uno spunto apocalittico dal sapore mefitico, traccia un inquietante apologo sulla società contemporanea che si è incattivita, diventando indifferente e cinica, schiava del consumismo e incapace di provare empatia per il prossimo, sempre visto con diffidenza, disagio o addirittura odio. La Roma del film è ritratta come una grande periferia decadente e malsana, dove l'homo homini lupus è la quotidiana legge della giungla cementificata e la nebbia soprannaturale che fuoriesce dai reflui è l'emanazione stessa di un male (e di una malessere) antico e profondo, radicato nell'essere umano come un peccato originale e liberatosi come inevitabile effetto della società "malata" che abbiamo costruito negli anni. Le scelte registiche sono precise e lucide, come quella (ottima) di non spiegare nulla ma di limitarsi a suggerire possibili linee di interpretazione, e la fotografia "acida" è perfetta per evocare questo microcosmo di dolore sociale a cui, evidentemente, l'autore intende fornire una più ampia dimensione universale, estendibile all'intero mondo capitalistico occidentale. Alla fine qualcosa non torna, alcune sotto-trame non godono della chiusura più degna e qualche sequenza horror onirica tende troppo all'eccesso; ma è evidente che si tratta di peccati veniali di gioventù e che Strippoli è un regista di talento, uno che ha molto da dire e che non difetta né di coraggio né di inventiva. Una boccata d'aria fresca per il cinema di genere italiano, da seguire con attenzione anche per la sua chiara tendenza all'impegno civile e per il volere andare oltre gli stretti confini dei "generi". Ma senza dispensare vacui sproloqui o pistolotti qualunquistici, quanto piuttosto affidandosi alla forza delle immagini, alla malia delle atmosfere, alla solidità della storia, al disegno dei personaggi ed alla carica espressiva degli attori. Così come dovrebbe sempre essere il cinema.
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