A Roubaix, nelle Fiandre francesi, durante la notte di Natale, un vigoroso commissario, Yacoub Daoud, e una recluta che stravede per lui, si trovano ad indagare su un efferato omicidio che ha sconvolto l'intera comunità: la morte violenta di un'anziana signora stimata da tutto il quartiere. L'inchiesta fa ricadere i sospetti su due giovani ragazze, sbandate e tossicodipendenti, dirimpettaie della vittima con cui hanno avuto più di un alterco per il loro comportamento. Questo solido poliziesco d'autore di Arnaud Desplechin, che lo ha anche scritto insieme a Léa Mysius, fa segnare il ritorno del regista francese alla sua città natale, Roubaix, e a quelle atmosfere drammaticamente sospese che tratteggiano un ambiente provinciale, decadente e degradato in cui un'umanità smarrita e disillusa interagisce come se fosse alla deriva. Ispirandosi ad un reale fatto di cronaca nera ed al documentario di Mosco Boucault che lo ha raccontato nei dettagli, Desplechin ha realizzato un cupo affresco anti-spettacolare, che sfugge ai canoni classici del noir preferendo i dialoghi all'azione e, seppur fortemente calato nel contesto sociale della città francese, persegue una dimensione più astratta, basata sulla ricerca della verità assoluta e dell'obbligo morale di perseguirla. Il regista, che conosce perfettamente la realtà che sta raccontando, si affida all'aspro naturalismo delle situazioni e ad un protagonista straordinario come il franco-marocchino Roschdy Zem, che incarna alla perfezione l'idea del poliziotto forte, carismatico e compassionevole; un uomo sensibile, animato da saldi principi e intimamente benevolo verso il prossimo, nonostante il tanto male che è costretto a vedere ogni giorno. Sulla figura del suo commissario l'autore modula il cuore, l'etica e la cifra stilistica del film, oscillando tra Dostoevskij e Resnais. Da menzionare anche la performance di dolente realismo offerta da Léa Seydoux, in un ruolo complesso e atipico rispetto ai suoi abituali, ma con cui l'attrice parigina se la cava egregiamente. Il cinema di Desplechin è tipicamente fatto di uomini, di donne, di suggestioni impalpabili e di ambienti "parlanti", con un elegante utilizzo dei generi per arrivare all'anima delle cose, all'estrapolazione del succo da un contesto. Con un approccio "alla francese", non sempre calibrato sul pieno raggiungimento dell'obiettivo, Desplechin realizza, con questo suo nuovo lavoro, un altro tassello del suo processo di esplorazione dei sentimenti umani.
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