Cecilia ha una relazione asfissiante e tossica con Adrian, scienziato ricco e violento dal quale non riesce a liberarsi. Una notte, dopo averlo drogato con un farmaco, riesce a fuggire dalla sua villa ultra tecnologica e mettersi in salvo con l'aiuto di sua sorella, trovando riparo a casa del vecchio amico d'infanzia James. Quando le giunge la notizia che Adrian si è tolto la vita e le ha lasciato, come tardiva "riparazione", una cospicua eredità, la ragazza crede finalmente di poter ricominciare a vivere serenamente. Ma una serie di inquietanti accadimenti le danno la sensazione che lui abbia ripreso in qualche modo ad ossessionarla. Nessuno sembra crederle e il vero incubo per Cecilia è appena cominciato. Questo horror fantascientifico scritto e diretto dall'australiano Leigh Whannell è un nuovo adattamento cinematografico del grande classico della letteratura fantastica "L'uomo invisibile" di H. G. Wells pubblicato nel 1897. Il celebre romanzo, di grande successo e di forte impatto sull'immaginario collettivo, ha avuto nel tempo parecchie versioni per il grande schermo più o meno serie (se ne contano almeno 11 compresa quest'ultima) ed altre ancora realizzate per la televisione. La migliore rimane sempre la prima, prodotta dalla Universal nel 1933, facente parte della sua storica serie dedicata ai "mostri" e diretta da James Whale con notevole fedeltà al testo ispiratore. Whannell, che ha dichiarato espressamente di voler realizzare un reboot moderno del film di Whale, adatta la vicenda alla sensibilità contemporanea, mettendo al centro della sua visione due nuovi elementi cruciali: raccontare la storia dalla prospettiva della vittima (e non più dell'uomo invisibile ) e farne una metafora surreale della violenza sulle donne, un problema tristemente attuale e più che mai al centro di tragici fatti di cronaca e dibattiti politici. Non a caso il "mostro" di questa pellicola è un maschio (alfa) privo di lineamenti (perchè sempre ricoperto da una speciale tuta hi-tech che gli consente di "sparire"), è un simbolo astratto ed impersonale da combattere e da cui mettersi in salvo. La tematica del voyeurismo e della violazione della libertà individuale attuata attraverso "occhi" elettronici che ci spiano nell'ombra è altresì centrale alla narrazione, riportando alla ribalta un'atavica paranoia dell'uomo occidentale che parte da Orwell e, passando per Francis Ford Coppola, abbraccia tante istanze (anche eccellenti) sia cinematografiche che letterarie. L'autore, che con il genere horror è pienamente a suo agio, dimostra di saperci fare e rende la pellicola tesa, angosciante, sinistra e minacciosa, densa di patos e di suspense ben distillata, nonostante la trama sia arcinota nella sua evoluzione. E questo è un pregio non da poco. A fare la differenza in positivo contribuiscono parimenti l'intensa interpretazione di Elisabeth Moss, le musiche di Benjamin Wallfisch e la scelta delle location praticamente perfetta. E alla fine questi meriti cinematografici funzionano meglio della critica ideologica al maschilismo e alla misoginia, argomenti socialmente molto importanti, ma spesso buttati lì solo perchè "di moda", più per aderire alle tendenze "woke" del politicamente corretto che con effettivo spirito critico.
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