Negli
anni ’40 Barton Fink, giovane saccente commediografo ebreo, sbarca a Hollywood
per scrivere una sceneggiatura commissionata da un produttore. Alloggiato in un
fatiscente albergo che trasuda degrado, fa amicizia con il bonario Charlie,
agente assicurativo e vicino di camera. Colto da crisi d’ispirazione ed
incapace di procedere nel lavoro, Barton chiede aiuto al vecchio sceneggiatore William
Preston Mayhew, ma questi, ormai alcolizzato cronico, gli manda la sua
segretaria Audrey, che da tempo scrive al suo posto. Dopo una focosa notte
d’amore con lei, Barton avrà una brutta sorpresa al suo risveglio. Straordinario
dramma evocativo dei Coen, stilisticamente raffinato, dalle suggestive
atmosfere rarefatte e dall’evidente impostazione antirealistica, in cui le
verosimiglianze storico ambientali lasciano il posto ad un ipnotico surrealismo
onirico, ermetico ed ambiguo, che intende suggerire una valutazione grottesca,
più che raccontare una storia classica. Il personaggio di Barton, presuntuoso,
occhialuto e spiritato, è un evidente proiezione fantastica dei geniali registi
del Minnesota, un alter ego simbolico necessario ad attuare una corrosiva
critica al sistema hollywoodiano, che compra geni per creare le storie che
daranno linfa alla “fabbrica dei sogni”, per poi distruggerli nel vizio. In
questa immersione del protagonista in un universo sospeso, emblematico, denso
di suggestioni mefistofeliche, ci vengono presentati numerosi temi: il rapporto
tra arte e vita, l’impossibilità del realismo in un processo creativo, la
caducità del successo, la solitudine dolorosa dell’artista, il transfert
emotivo tra persona e personaggio, la banalità sinuosa del male nella forma che
non ti aspetti, l’estasi creativa che diventa illusione suprema e, quindi, fuga
dalla realtà. Con la consueta mirabile capacità di rileggere i generi,
contaminandoli e piegandoli alle proprie esigenze, gli autori ci regalano il
loro film più astratto e ostico, denso delle immancabili citazioni colte
(quella a Mezzogiorno
di fuoco è strepitosa) e con numerose sequenze magistrali, come quella
della zanzara, il rito del bere nella camera d’albergo o il dialogo con Charlie
sulla necessità di provarci. Questo importante film d’autore ha un record: è
l’unico ad aver vinto ben tre premi al Festival di Cannes: la Palma d’Oro, il Premio alla
Regia e quello alla miglior interpretazione maschile per lo straordinario John
Turturro. Tra gli altri elementi del cast ricordiamo un eccellente John Goodman
e Steve Buscemi, in un piccolo ma incisivo ruolo.
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