venerdì 6 febbraio 2015

Un gelido inverno (Winter's Bone, 2010) di Debra Granik

Ree Dolly, sedicenne grintosa che vive in una remota zona montuosa del Missouri, porta sulle spalle il peso della sua famiglia, con un padre carcerato per spaccio di stupefacenti, una madre psichicamente instabile e due fratellini piccoli da far crescere. Ma la già complessa situazione precipita quando la ragazza scopre che lo sciagurato padre ha impegnato la loro casa per uscire su cauzione, e, non essendosi presentato all’udienza di comparizione, ne ha  innescato il meccanismo di confisca da parte della polizia. Ree ha una settimana di tempo per ritrovare il padre e riportarlo alla ragione, prima di perdere ogni cosa. Eccellente esempio di cinema indipendente americano, acclamato al Sundance Film Festival, e costruito su un’idea estetica forte: il freddo delle ambientazioni che diventa immagine pregnante, attraverso la bella fotografia desaturata di Michael McDonough. La Granik porta in scena, con crudo realismo e vigore espressivo, un universo di reietti, la faccia sporca di una spregevole America di provincia, lontanissima dagli stereotipi edificanti hollywoodiani, in cui gli unici valori positivi vengono dal coraggio genuino, ed incosciente, della giovinezza, qui incarnata dalla bravissima Jennifer Lawrence (alla sua prima nomination agli Oscar), che in questo film algido ha rivelato al mondo il suo talento. La ricerca del padre attraverso un’umanità sudicia, che sguazza nel degrado morale, diventa metafora di un viaggio iniziatico, un percorso di crescita doloroso e necessario, come quello dell’eroina, cresciuta troppo in fretta, di una favola oscura, che scava nelle radici dell’identità culturale americana, in cerca di quell’anima rurale e selvaggia che ha fornito la spinta decisiva al pionierismo e alla colonizzazione dell’ovest. Come una tormentata ballata folk, il film snoda le sue propaggini emotive attraverso i boschi desolati delle Ozark Mountains, sovrapponendo di continuo il volto risoluto della giovane Ree al gelido rigore dell’inverno, i due assoluti protagonisti dell’opera che si affrontano a viso aperto, nel crudele gioco della vita. Da una regista esordiente un film compatto, teso e maturo, genuina espressione artistica di quel cinema “indie” che è, quasi sempre, garanzia di personalità.

Voto:
voto: 4/5

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