martedì 24 febbraio 2015

Locke (Locke, 2013) di Steven Knight

Un uomo viaggia in auto da solo, nella notte, diretto verso Londra. Attraverso una lunga serie di telefonate ci verrà svelata la sua vita e si deciderà il suo futuro. L’uomo è Ivan Locke, capo cantiere presso un’importante ditta di costruzioni, solido e affidabile come il cemento di cui si occupa, da anni, con assoluta maestria. Felicemente sposato con prole, alla vigilia del progetto lavorativo più importante della sua carriera, è costretto ad un viaggio imprevisto per assistere una donna, con la quale ha avuto una fugace relazione occasionale di una sola notte, che sta per mettere al mondo un figlio suo. Durante il lungo viaggio parla al telefono con sua moglie, confessando la sua colpa, con l’amante in preda al panico, per rassicurarla, e con i suoi colleghi e datori di lavoro, disperati per la sua assenza in vista dell’importante colata di cemento da dirigere al mattino successivo. Coraggioso ed originale dramma “on the road” di Steven Knight, ambientato tutto in una notte, nell’abitacolo di un’automobile e con un solo protagonista, costantemente in scena e perennemente in primo piano, l’eccellente Tom Hardy, che cerca di ricomporre i pezzi della sua vita attraverso un flusso continuo di viva voce telefonici, che fungono da narratore fuori campo. Scritto egregiamente e recitato con intensa partecipazione emotiva dal protagonista, è un film teso, fluido e scattante, un film in movimento che avvince con la forza dei dialoghi, con le espressioni di Hardy, mettendo in scena la tragicommedia della vita con rigorosa lucidità, senza eccessi ma con la giusta compostezza dei toni. Nonostante la messa in scena minimale, l’opera è sontuosa dal punto di vista estetico, estremamente curata nei dettagli tecnici, con una fotografia allucinata ed un complesso sistema di telecamere multiple, interne ed esterne all’abitacolo dell’auto, che garantiscono la totale immersione nel viaggio emotivo del protagonista, con un forte patos oppressivo garantito dagli invadenti apparati tecnologici di largo consumo, che oggi garantiscono una costante presenza “on-line”, aumentando enormemente la pressione sulla psiche umana. Questa ardita scommessa in “real-time”, voluta del regista, risulta vinta ed è la riprova che è ancora possibile fare un cinema interessante e nuovo, con una buona idea ed una solida sceneggiatura, senza ricorrere ad effetti speciali, mirabilie visive e budget stratosferici. E’ notevole il parallelo allegorico tra la vita professionale e quella sentimentale di Locke, un uomo votato alla solidità, essendo esperto di cementificazione, che vede crollare la sua esistenza in una sola notte, a causa di un’unica debolezza sessuale. La situazione diventa una beffarda metafora dello status dell’uomo moderno, costretto a ritmi produttivi forsennati, a “prestazioni” umane e familiari sempre di alto profilo, ad uno stress psicofisico costante, ma a cui basta un singolo errore per veder crollare tutto il castello di credibilità faticosamente edificato. Questa riuscita parabola sul senso di responsabilità, traccia, in definitiva, un’agiografia morale del protagonista, per la sua capacità “eroica” di fare la scelta giusta, prendendosi sulle spalle il peso dei suoi sbagli, evitando le facili scorciatoie e decidendo di rischiare tutta la sua vita in una singola mano. Un atteggiamento, purtroppo, non molto probabile ma che apre una prospettiva di speranza, una luce incoraggiante sotto la patina cupa dell’opera, senza sermoni o moralismi di sorta ma con la scarna semplicità del gesto, per dirci che, spesso, il destino dell’uomo è una questione di scelte.

Voto:
voto: 4/5

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