mercoledì 4 febbraio 2015

Match Point (Match Point, 2005) di Woody Allen

Londra, anni 2000: il giovane Chris Wilton, insegnante di tennis in un club elitario frequentato dall’alta borghesia, diventa amico del ricco Tom Hewett, che lo accoglie nel suo ambiente privilegiato. L’ambizioso Chris ha le idee chiare e, sebbene non dotato di particolari talenti, possiede la scaltrezza necessaria per fare un’eccellente impressione alla famiglia di Tom, riuscendo a sposarne l’assillante sorella Chloe, immediatamente invaghitasi di lui, e ritagliandosi un facoltoso incarico professionale nell’azienda finanziaria del suocero, magnate di successo. Ma tutto cambia quando Chris conosce la sexy Nola, fidanzata americana di Tom, per la quale la famiglia Hewett non stravede a causa dei suoi modi “liberali”. Tra Chris e Nola scoppierà una passione inarrestabile, che divamperà del tutto, diventando una bollente relazione clandestina, quando la ragazza verrà definitivamente lasciata dal rigido Tom. Chris, stressato dalla moglie che non riesce a realizzare il suo impellente desiderio di maternità, riesce a gestire abilmente la sua doppia vita sentimentale, fino a che non sarà Nola a rimanere incinta. La pressione sul giovane fedifrago diventa insostenibile, perché Nola non intende rinunciare al bambino ed è pronta a far scoppiare lo scandalo se lui non si decide a lasciare la moglie. Chris dovrà prendere una decisione difficile. Formidabile “trasferta” londinese di Woody Allen, che accantona, momentaneamente, la commedia per questo splendido dramma nero, con incursioni nel thriller, che, inatteso, ha entusiasmato critica e pubblico, ed è unanimemente considerato il suo miglior risultato artistico del nuovo millennio. La tematica del triangolo amoroso e del tradimento sessuale s’intreccia con riflessioni di carattere morale, con la rapacità socioeconomica dei giovani rampanti che vogliono “tutto e subito” e con i concetti eterni di delitto e castigo, già egregiamente affrontati dall’autore nel precedente Crimini e Misfatti, ma che qui assumono uno spessore simbolico più profondo, più subdolo, più tragico, tratteggiando un lucido e inquietante apologo sull’avidità e sull’egoismo della natura umana, il cui lato oscuro può esplodere, nei modi più brutali, in situazioni di particolare pressione. Senza svelare null’altro della trama, perché sarebbe delittuoso, non si può che applaudire di fronte a questa straordinaria zampata del “vecchio leone” Allen, per come ha diretto, con disarmante semplicità e magistrale pulizia formale, questo melodramma cupo e potente. Ma il senso profondo dell’opera, totalmente alleniano, è la sarcastica ed amara constatazione dell’assoluta mancanza di senso nelle vicende umane, completamente asservite al caso, regolate da un destino ora beffardo ora crudele, in balia di una fatalità infida o provvidenziale (a seconda del punto di vista), che rende vani meriti, abilità ed illusioni di controllo. Il fatalismo alleniano, che qui raggiunge il suo perfido tripudio con agghiacciante cinismo, viene esplicitato, con assoluta genialità visionaria, mediante la riuscita metafora tennistica, richiamata già nel prologo. Metafora che, quando si svela, in tutta la sua solenne portata, nell’epilogo, chiarisce d’improvviso senso e titolo del film, in un definitivo colpo da maestro. Tra Tennesse Williams e Dostoevskij, il grande regista newyorkese dimostra di essere ancora in grado di stupire ed estrae dal cilindro il capolavoro che non ti aspetti, sospendendo abilmente il giudizio sui suoi personaggi e lasciando allo spettatore il gravoso compito di trarre le sue, amare, conclusioni. Tutti bravi i giovani fascinosi attori del cast, in cui spiccano il mefistofelico Jonathan Rhys-Meyers e la sensuale Scarlett Johansson, al top del suo conturbante fascino erotico, che sostituì all’ultimo momento Kate Winslet, che decise di rinunciare al ruolo. Interessante, e riuscito, l’esperimento dell’autore che utilizza, come accompagnamento musicale, famosi brani di opere liriche in luogo delle consuete note jazz. Onore ad Allen ed alla sua capacità di rigenerarsi sempre, risorgendo dalle sue (presunte) “ceneri”, ormai fin troppe volte annunciate dai suoi detrattori.

Voto:
voto: 4,5/5

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