Tre
anni dopo lo scandalo “Watergate”, che ne determinò la brusca fine della
carriera politica, l’ex presidente americano Nixon accetta di farsi
intervistare dal brillante giornalista britannico David Frost, in cambio di un
lauto compenso. Frost, famoso nel mondo dell’intrattenimento leggero, intende
sfondare in quello dell’opinione politica e si prepara all’evento come ad una
sfida, mettendo in gioco tutta la sua dignità professionale. Il rapporto tra i
due uomini non sarà semplice e prenderà la connotazione di un’autentica battaglia
verbale ed ideologica attraverso tre interviste memorabili, di cui l’ultima in
particolare entrerà nella storia della televisione americana. Ispirandosi alle
reali interviste tra Nixon e Frost, che tennero il pubblico statunitense
incollato al video, ed al dramma teatrale di Peter Morgan tratto da queste, Howard
ha realizzato il suo film migliore, un biopic storico di classica misura, di
grande eleganza formale, sontuoso nella ricostruzione dei “favolosi” anni ’70,
scritto egregiamente e con un cast eccellente, in cui spiccano i due
protagonisti Frank Langella, che dà vita ad un Nixon abile e sornione, un leone
ferito ma non domo, di enorme carisma e presenza scenica, e Michael Sheen, che
porta in scena un Frost dinamico e determinato, che vede nel dibattito con il
grande politico americano l’occasione di riscatto di una vita e di una
carriera. Con un formidabile montaggio, che dona alle magnifiche sequenze
dell’intervista i tempi di un thriller, il regista riesce a generare il patos
dalle parole, dai dialoghi serrati, dalle battute pungenti, sebbene l’esito
finale della vicenda sia già noto allo spettatore. Con un’estrema attenzione ai
personaggi, l’autore costruisce il film sulla minuziosa preparazione
dell’evento da parte dei due contendenti, dando voce ai sentimenti di un paese
indignato e smarrito dopo i drammatici avvenimenti (il Vietnam, lo scandalo
“Watergate”, le dimissioni del presidente) che ne hanno segnato, per sempre, la
coscienza nazionale. La scelta vincente è stata quella di portare l’intervista
sul piano personale, raggiungendo l’apice dell’intensità emotiva nella
telefonata notturna tra i due uomini, gestita con ammirevole equilibrio e senza
cadute retoriche, che vale come una confessione ed un commiato da un’epoca
storica densa di contraddizioni. Tra cronaca e finzione Howard tocca il vertice
della sua maturità espressiva, coniugando abilmente rigore e spettacolo,
denuncia politica ed enfasi drammatica, con un film denso e teso, dei
personaggi affascinanti e ricchi di sfumature ed una messa in scena agile, che
guarda all’essenza rinunciando all’orpello.
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