giovedì 5 febbraio 2015

Killer Joe (Killer Joe, 2011) di William Friedkin

Gli Smith sono una squallida famiglia di “redneck” texani, composta dal padre Ansel, inetto e ubriacone, la matrigna Sharla, viscida e oscena, il primo figlio Chris, sbandato spacciatore di droga, e sua sorella minore, la svampita Dottie. Chris è nei guai perché Adele, la sua vera madre, gli ha rubato un carico di droga che lui adesso deve ripagare al boss locale, pena la morte. La reietta famiglia decide allora di uccidere Adele, per incassare un’assicurazione sulla vita da lei stipulata in favore della giovane figlia Dottie, e per questo si rivolge al diabolico Joe Cooper (detto “Killer Joe”), uno sbirro corrotto e spietato che si occupa di omicidi a pagamento. Ma gli Smith non hanno il denaro per pagare in anticipo lo squilibrato poliziotto, in attesa di incassare il premio della polizza, e Joe pretende, quindi, un “anticipo” di natura sessuale dall’ingenua Dottie. Magistrale incursione di William Friedkin nel noir in salsa “pulp”, portato al successo da autori come Tarantino, che ci hanno costruito una mirabile carriera basata sull’estetizzazione della violenza surrealistica. Ispirato all’omonima pièce teatrale di Tracy Letts, Killer Joe è una splendida opera “sporca” per palati forti, inevitabilmente di culto, edificata su solide basi: un’ottima sceneggiatura, una messa in scena formalmente perfetta, un’irresistibile ironia nera che sconfina nell’eccesso grottesco, dei personaggi strampalati e fuori di testa, dialoghi fulminanti, situazioni torbide e picchi di violenza improvvisa, sparsi qua e là sul tappeto di una generale visione nichilista del mondo, ovvero di quella provincia americana sordida e brutale, totalmente aliena rispetto all’utopia del sogno nazionale. In questo microcosmo di ordinaria follia e di scioccante efferatezza, che per certi aspetti richiama alla memoria quello di Fargo dei fratelli Coen, ma con una più spiccata propensione al bizzarro disgusto, non mancheranno i colpi di scena nel rutilante finale, la cui forte carica ambigua fa da contraltare al caos di quest’universo folle, regolato dalla ferocia. Nello splendido cast che annovera Emile Hirsch, Thomas Haden Church, Juno Temple e Gina Gershon, spicca un inedito e sorprendente Matthew McCounaghey, nel ruolo luciferino, e iconico, di “Killer Joe”. La famosa scena del pollo fritto usato per il sesso orale rappresenta il climax perverso di un’opera sapientemente costruita sul sardonico gusto dell’eccesso, sul sarcasmo raggelante e su un sadismo di oscura fascinazione, di cui il grande regista si fa geniale demiurgo, per traghettarci verso l’imprevista “catarsi” finale. Ci sono pellicole geneticamente predestinate ad essere “cult” e Killer Joe è una di queste.

Voto:
voto: 4/5

Nessun commento:

Posta un commento