venerdì 6 febbraio 2015

Il nome della rosa (Der Name der Rose, 1986) di Jean-Jacques Annaud

Nell’autunno del 1327 il geniale frate francescano Guglielmo da Baskerville, fenomenale nell’uso della logica e nell’analisi dei particolari, giunge in un remoto monastero italiano, insieme al giovane novizio Adso, per partecipare ad un convegno teologico tra il suo ordine, i domenicani ed alcuni delegati inviati dal Papa. Ma nell’abbazia avvengono morti misteriose che l’arguto Guglielmo non fatica a riconoscere come omicidi compiuti per celare un oscuro segreto nascosto, da qualche parte, nel convento. Il delegato papale, il rigido inquisitore Bernardo Gui, contro cui Guglielmo si è già scontrato in passato, rischiando la scomunica, non è d’accordo con le sue elaborate teorie e procede, grossolanamente, nella più semplice direzione “eretica”, scegliendo di colpire il più ovvio capro espiatorio: il deforme Salvatore, ottuso, laido e dall’oscuro passato. L’equanime Guglielmo, che sa per certo che l’inquisizione sta commettendo un errore, deve allora decidere se rischiare di schierarsi di nuovo contro il fanatico Gui, per amore della verità. Mega produzione italo-franco-tedesca per portare sullo schermo l’omonimo capolavoro letterario di Umberto Eco, campione di vendite e celebrato da pubblico e critica in tutto il mondo. Era un’impresa ardua, anzi impossibile, riuscire a trasporre, anche solo in parte, lo spessore culturale, il sostrato filosofico, le implicazioni storiche, le connessioni religiose e la miriade di citazioni del memorabile romanzo di Eco. Il regista Annaud, buon artigiano di cinema, opta, saggiamente, di “volare basso” con un adattamento calligrafico, semplificativo, che si prende pochi rischi e contiene diverse variazioni nella trama, pur rispettandone in pieno il senso intimo e cogliendone fedelmente l'aura mistery, le suggestioni dell’intreccio giallo e le straordinarie atmosfere gotiche. Questi punti a favore rappresentano la forza del film, insieme alle sontuose ricostruzioni ambientali, che contengono tutta la solenne carica tetra dell’età medievale,  ed alle eccellenti interpretazioni di un cast perfetto, in cui svettano un raffinato Sean Connery, nel ruolo di frate Guglielmo, ed un tetro F. Murray Abraham in quello dell’inquisitore Bernardo Gui. Tenendo da parte le altezze del romanzo e limitando le aspettative, il film di Annaud, che riscosse un grande successo di pubblico, garantisce un valido intrattenimento e può essere considerato una sorta di “bignami” per coloro che non intendono confrontarsi con l’alta prosa di Eco.

Voto:
voto: 3,5/5

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