giovedì 5 febbraio 2015

Hiroshima mon amour (Hiroshima mon amour, 1959) di Alain Resnais

Hiroshima, 14 anni dopo la bomba: in una città in rapida ascesa economica, lanciata verso il consumismo, un’attrice francese ed un architetto giapponese si conoscono e si amano in una passionale notte d’amore. Entrambi sono sposati e devono tornare alle loro vite, ma, prima di lasciarsi, iniziano a rievocare l’orrore della tragedia nucleare, da loro non direttamente vissuta, partendo dai drammatici racconti che hanno ascoltato. Tra i due amanti si insinua l’incubo recente di quel giorno d’estate, in cui la follia della guerra spazzò via, in un lampo, oltre duecentomila vite, cambiando il mondo per sempre. Alla vigilia della partenza della donna per la Francia, altri ricordi affioreranno dalla mente di lei, come quello di un fugace amore tedesco di guerra, caduto anch’esso nell’oblio del tempo. Lungometraggio d’esordio di Resnais, dopo il documentario sulla Shoah Notte e nebbia, con questo capolavoro assoluto che anticipa la Nouvelle Vague, costituendone, secondo la maggioranza dei critici, il più autorevole fondatore, per approccio stilistico, innovazione formale e dirompenza narrativa. Partendo dall’ottimo soggetto di Marguerite Duras, l’autore ha tratto un film ipnotico, sospeso, indistinto, di straordinario fascino simbolico, che, attraverso un uso espressivo ed originale del flashback, ci immerge in un caleidoscopio di suggestioni, tra passato e presente, storia e memoria, amore e vita, immagini e suoni. Rinnegando i tradizionali principi della narrazione lineare, la pellicola adotta una magnetica destrutturazione del racconto in ellissi transitorie, che consente di annullare le barriere fisiche dello spazio e del tempo in favore di una forte astrazione onirica, grazie alla quale la memoria diviene il motore dell’azione ed i ricordi il flusso espositivo, generando così lo “strappo” tra il dovere (storico) di ricordare e la necessità (esistenziale) di dimenticare. La sovrapposizione dei ricordi nella mente della donna (i due amanti, quello giapponese del presente e quello tedesco del passato, e le due città Hiroshima e Nevers) risponde ai nuovi modelli culturali derivati dall’avvento della psicanalisi e dall’opera di autori letterari come James Joyce, che hanno profondamente influenzato il rinnovamento del linguaggio cinematografico europeo avvenuto negli anni ’60 grazie a registi come Resnais, Godard, Antonioni, Fellini. Il collage di immagini rievocate, la mestizia delle decadenti case francesi e l’avveniristica freddezza al neon della metropoli nipponica, dà luogo ad uno spettacolo di finissima suggestione, che disgrega le normali coordinate percettive in un limbo di straniante rarefazione. Resnais, non a caso battezzato “regista della memoria”, mescola abilmente sentimenti, emozioni, rimpianti con terribili immagini di guerra, come quelle, documentaristiche, immediatamente successive all’olocausto nucleare di Hiroshima, con le carrellate sui corpi “svaniti”, ombre nell’ombra della memoria, sulle case distrutte, sugli ospedali presi d’assalto, sugli sguardi disperati dei superstiti, per poi fondersi con i corpi nudi dei due amanti, distesi sul letto, l’uno di fronte all’altro, come nell’evocativa sequenza iniziale. Nel virtuoso gioco di dissolvenze e di incroci emerge, titanica, Hiroshima, protagonista assoluta dell’opera, metafora tragica di innocenza perduta, di orrore indicibile e di riscatto vitale, un monumento eterno all’umana barbarie, il cui senso supremo deve essere quello di non dimenticare, perché non accada di nuovo. Nel cast spicca la bravissima Emmanuelle Riva, figura intensa e struggente, che incarna il senso di bellezza, di vacuità e di nostalgia che sono alla base di questa memorabile pellicola francese.

Voto:
voto: 5/5

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