Bob
è un divo americano di mezza età, ormai un po’ logoro, in declino, sagace ma
tendente al malinconico, in trasferta a Tokyo per girare degli spot
pubblicitari, non esattamente gratificanti dal punto di vista professionale.
Perso in un mondo che non capisce, di cui non conosce la lingua e che lo
intimorisce nel suo enorme contrasto tra tradizioni antichissime e modernità
futuristica, Bob incontra la giovane connazionale Charlotte, bella e delusa,
lasciata sempre sola dal marito, fotografo di moda, costantemente ingabbiato
nel suo stressante lavoro. Dall’incontro di due solitudini nascerà una strana e
tenera relazione platonica, fatta di complicità ed ironia, sguardi
significativi e parole non dette, allusioni garbate ed una costante punta di
nostalgia per l’incapacità di abbandonarsi completamente ai propri desideri. Gustosa
commedia romantica di Sofia Coppola, al suo secondo lungometraggio, e grande
successo di pubblico e critica, per quello che è il suo film migliore. La forza
principale dell’opera risiede nella sua lievezza, nel tocco raffinato, ma non
privo di patina, con cui sospende i due
protagonisti, un eccellente Bill Murray ed un’acerba Scarlett Johansson, in un
limbo di surreale sospensione, ovvero lo straniamento di chi si sente sperduto
in una cultura straniera, ammaliante ed ermetica al tempo stesso, e si trova a
fare i conti con la propria vita, dando ascolto, proprio grazie al forzato
isolamento interiore, ad un disagio probabilmente ben più profondo e intimo,
che parte da problemi esistenziali di più generale portata. La sottile
malinconia dei due “amanti” mancati è la forza, ma anche la debolezza, del loro
singolare rapporto, intriso di un romanticismo garbato e mai banale, che non
sfocia nel rapporto sessuale, come sarebbe stato logico attendersi, ed evita,
fortunatamente, le trappole di un mieloso sentimentalismo retorico. Limitandosi
appena a sfiorare l’universo emotivo di Bob e Charlotte, l’autrice intende
evidenziare la purezza, e, quindi, l’unicità del rapporto, attraverso la rinuncia
ad abbandonarsi all’evidente attrazione, in nome di quel reciproco tormento
interiore che, se da un lato ne ha favorito l’avvicinamento, dall’altro ha
prodotto la silenziosa implosione di un sentimento impossibile, intimorito
dalle enormi differenze tra i due. Questo film delicato e rarefatto,
affascinante quanto esile, poggia interamente sulle spalle di un Bill Murray in
stato di grazia e si avvale di una suggestiva fotografia “al neon” che ne
accentua il senso di smarrimento. La scena migliore è quella finale, il tenero
congedo tra i due “amici” da cui la
Coppola, con geniale pudore, ci mantiene esclusi, impedendoci
di ascoltare le parole sussurrate da Bob all’orecchio di Charlotte. In un mondo
frenetico e sfrenato, che vive, brucia e consuma tutto al massimo, con ingorda
voracità, una “banale” storia di condivisione spirituale, affinità elettive,
passioni a fior di pelle ed amori inespressi, può essere la giusta risposta, la
maniera migliore per toccare il cuore del pubblico, con semplicità. I risultati
al botteghino, gli elogi della critica e l’Oscar a Sofia Coppola per la
migliore sceneggiatura originale, su quattro candidature “pesanti”, ne sono la
riprova. Consigliato a chi ricerca un’evasione romantica raffinata,
intelligente ed originale.
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