giovedì 12 febbraio 2015

Il dottor Stranamore, ovvero: come imparai a non preoccuparmi e ad amare la bomba (Dr. Strangelove or: How I Learned to Stop Worrying and Love the Bomb, 1964) di Stanley Kubrick

Durante la guerra fredda lo psicopatico generale Jack Ripper, convinto di un imminente attacco dei russi, lancia un’offensiva aerea contro i sovietici. Il presidente degli Stati Uniti decide di attaccare la base di Ripper, per estorcergli il codice di annullamento e bloccare la folle missione. Ripper si toglie la vita, ma il codice verrà scoperto grazie al più mite colonnello Mandrake, suo braccio destro. Intanto l’inquietante dottor Stranamore, ex nazista, paralitico e consigliere militare del presidente, elabora, davanti al Pentagono, una delirante teoria di rinnovamento della razza umana, salvando solo pochi eletti, selezionati in base a criteri razzistici di presunta superiorità, e distruggendo il resto del mondo con l’olocausto nucleare. Il presidente comunica il codice di annullamento missione ai bombardieri in volo verso la Russia e tutti rientrano, tranne l’ottuso cowboy dei cieli, il maggiore King Kong, che decide, di sua iniziativa, di sganciare ugualmente la bomba atomica sull’Unione Sovietica. L’immediata controffensiva darà inizio ad una catastrofica reazione a catena, con lanci indiscriminati di testate nucleari da ogni dove, che distruggeranno il mondo. Capolavoro assoluto di Kubrick, folgorante satira antimilitarista sotto forma di cinica commedia nera, geniale ed irriverente nella sua dissacrante parodia della guerra fredda e della corsa agli armamenti, in accordo all’ottuso principio di mostrare i “muscoli” per intimorire l’avversario, prevenendo così il rischio di attacco. Con un perfetto meccanismo tragicomico, irresistibile nei suoi più alti momenti grotteschi, Kubrick intende non solo criticare sbeffeggiando, ma anche esorcizzare l’atavica paura della bomba (incubo imperante degli anni ’60), trasformando l’angoscia in risata e viceversa, con un formidabile repulisti nichilista. All’apice della sua geniale impudenza, il grande regista americano ci regala il più grande attacco mai realizzato alla follia della guerra ed alla cultura militarista statunitense, trascinandoci in un macabro balletto di personaggi grotteschi, evidenti caricature simboliche degli archetipi del potere, e spazzando via tutto nel graffiante finale anarchico, in cui la fine del mondo sulle note allegre di We'll Meet Again è lo sberleffo supremo, il tocco di genio definitivo. Le numerose metafore sessuali presenti nel sottotesto, rinvigorendo l’eterna antinomia tra Eros e Thánatos, aggiungono un ulteriore livello di complessità allegorica ad un’opera già di per sé ricchissima, tracimante di invenzioni visive, inserti surreali, scenografie ipnotiche, dialoghi al fulmicotone, meraviglie stilistiche ed una lunga serie di sequenze memorabili rimaste nell’immaginario popolare. Tra queste citiamo: il maggiore King Kong, perfida parodia del modello di rude americano medio alla “John Wayne”, che cavalca la bomba atomica come un puledro da rodeo, ed il delirio del dottor Stranamore sulla necessità di ripopolare la terra con un modello di razza superiore. Nel cast spiccano Peter Sellers, all’apice del suo istrionismo comico, che qui interpreta addirittura tre ruoli (il dottor Stranamore, il colonnello Mandrake ed il presidente americano) ed un feroce Sterling Hayden nei panni del folle generale Ripper, che, per motivi di impotenza sessuale, dà il via all’effetto domino che provocherà la fine del mondo. Delle 4 nomination agli Oscar ricevute, il film rimase senza premi ma, come quasi tutte le opere dell’autore, ha fortemente influenzato la cultura, non solo cinematografica, ed i costumi negli anni successivi, rappresentando, al tempo stesso, un monito raggelante, una rielaborazione critica di certezze e paure consolidate ed un nuovo modello estetico con cui fare i conti. Una nuova pietra miliare nella revisione rivoluzionaria dei generi da parte di Stanley Kubrick.

Voto:
voto: 5/5

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