Una
notte buia e tempestosa, un bosco tenebroso, un colpo di pistola, un uomo che
fugge sotto la pioggia battente. La sua corsa si conclude in una fatiscente stazione
di polizia, dove uno zelante e serafico commissario lo interroga fino allo
sfinimento, accusandolo di omicidio. L’uomo nega ogni addebito e dice di essere
un famoso scrittore, ma non riesce a ricordare che cosa ha fatto nelle ultime
ore. La lunga notte svelerà tutti i misteri. Ambizioso dramma kafkiano sotto
forma di mistery allucinato, di struttura teatrale per l’uso massiccio di
dialoghi, l’unità di tempo e di luogo, denso di atmosfere inquietanti sospese
tra realtà e sogno, è un unicum nella filmografia di Tornatore, una sorta di
esperimento metafisico che denota un lungo e non banale lavoro preparatorio di
scrittura. E’ un film indubbiamente affascinante, a suo modo intrigante per
l’alone di mistero che lo accompagna fin dalle prime immagini, un’opera
notturna, pirandelliana, con tratti da incubo e personaggi carismatici,
evidentemente simbolici, egregiamente interpretati da un cast di stelle: Gérard
Depardieu nel ruolo dello scrittore accusato, Roman Polanski in quelli del commissario
e Sergio Rubini, come giovane gendarme dai modi gentili. E’ una di quelle
pellicole da vedere “al buio”, ovvero sapendo il meno possibile della trama,
lasciandosi trasportare dalla sua malia ipnotica per poi ragionare, a visione
ultimata, sulle possibili conclusioni. Più che narrare un’autentica storia,
l’opera intende suggerire un’idea, indurre una riflessione sul senso stesso del
vivere umano, attraverso le sue immagini ambigue, spettrali, distorte sotto la
lente di un delirio onirico. Il titolo allegorico gioca abilmente a due
livelli, con il lungo interrogatorio, solo in apparenza rassicurante, che
costituisce il cuore della vicenda e con la struttura stessa del film, ad
evidente sospetto di esercizio stilistico costruito sulla negazione delle
immagini, innescando quindi la classica dicotomia tra finzione e realtà. Paradossale
nelle conclusioni, artificioso nelle svolte, quanto sagace nell’intreccio, è
una pellicola senza mezze misure, da prendere o da lasciare. Sono invece
innegabili il suo coraggio, la sua struttura sperimentale, l’ermetismo oscuro
delle scene madri e la grande interpretazione degli attori, perfetti nei
rispettivi ruoli, dove il minuto Polanski e l’imponente Depardieu sono gli aghi
della bilancia del destino, in una sfida allegorica che ha evidenti ambizioni trascendenti.
La canzone “Ricordare”, che si può ascoltare sui titoli di coda, è composta da
Ennio Morricone e cantata, in italiano, dallo stesso Depardieu.
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