giovedì 11 novembre 2021

Blackout (The Blackout, 1997) di Abel Ferrara

Matty è un attore di cinema ossessionato sessualmente dalla sua ragazza Annie, con cui ha un rapporto burrascoso, e dipendente da alcol e cocaina. A causa delle droghe che assume abitualmente è poco lucido, sempre sul filo di una eccitata alterazione nervosa e di colpo, dopo un evento traumatico, perde la memoria. Dopo più di un anno si disintossica e si mette con una bella donna per bene, Susan, ma è tormentato da visioni in flashback del suo periodo di blackout, che gli fanno pensare di aver commesso un omicidio. Ben presto i suoi demoni interiori riaffiorano insieme ad un forte senso di colpa, perchè la sua presunta vittima potrebbe essere Annie. Ma cosa è accaduto realmente? Il 12-esimo lungometraggio di Abel Ferrara è un dramma onirico allucinato, spiazzante e disturbante, visivamente sconnesso e tecnicamente sperimentale per il suo abuso di inquadrature sghembe, sbalzi luminosi, sfasamenti temporali, percezioni alterate nel continuo andirivieni tra dentro e fuori la mente del disturbato protagonista. E' un film non facile e per nulla piacevole, un viaggio nell'incubo privo di coordinate, da sentire più che da capire e, ovviamente, da interpretare nel suo senso profondo che è, come sempre, "religioso", anche se secondo la concezione disperata e selvaggia dell'autore, un genio del male in perenne ricerca ascetica. I temi dominanti più chiari sono: la libertà di scelta, il pentimento e il mare (il cui senso simbolico non può essere svelato per non rovinare la visione allo spettatore). Con la consueta esplorazione degli inferi metropolitani, in cui sesso, droga e violenza sono gli elementi predominanti, il regista prosegue il suo discorso teoretico sulla promiscuità tra bene e male, con la tragica ricerca di una salvezza che deve necessariamente passare attraverso la palude fangosa del peccato. Poco amato dal pubblico, generalmente incompreso anche dai fans dell'autore e snobbato dai critici, questo film di lisergica psicoanalisi è ben più importante di quello che si crede, perchè segna l'inizio della seconda fase della carriera di Abel Ferrara, subito dopo la separazione dal suo fedelissimo sceneggiatore Nicholas St. John, che aveva scritto quasi tutte le sue opere fino al capolavoro Fratelli (The Funeral, 1996), che ha segnato l'apice artistico della loro storica collaborazione insieme al precedente The Addiction - Vampiri a New York (The Addiction, 1995). E' quasi impossibile che Ferrara possa raggiungere di nuovi simili vertici ed è, quindi, comprensibile un certo senso di delusione e di smarrimento. Ma va anche detto che i capolavori sono tali perchè ineguagliabili e vivono per sempre di vita propria, sono un patrimonio da ammirare e non da cercare ossessivamente di ripetere o imitare. Va dato atto al regista del Bronx di aver cercato nuovi percorsi, nuove strade espressive, nuove storie e nuovi attori, pur rimanendo sempre intimamente fedele alla sua poetica ed ai suoi temi dominanti. Da segnalare nel cast, oltre agli esperti Matthew Modine, Béatrice Dalle e Dennis Hopper, la presenza della super-modella tedesca Claudia Schiffer che, pur apparendo un po' estranea in un'opera di Ferrara, se la cava discretamente.

Voto:
voto: 3,5/5

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