mercoledì 24 novembre 2021

Montecristo (The Count of Monte Cristo, 2002) di Kevin Reynolds

Nono adattamento cinematografico del romanzo "Il conte di Montecristo" di Alexandre Dumas padre, uno dei più belli e famosi racconti di avventura mai scritti. Partendo da una base simile è quasi impossibile fare un film brutto, per quanto la sceneggiatura di Jay Wolpert apporti diversi cambiamenti al testo originale (anche nell'epilogo), soprattutto in termini di aggiunte inventate o di personaggi eliminati. La vicenda è arcinota: Edmond Dantès, giovane marinaio francese, viene incastrato in un complotto ordito dal suo amico Fernand Mondego, invidioso della sua relazione amorosa con la bella Mercedes, ed in cui sono coinvolti il viscido affarista Danglars e il magistrato Villefort. Ingiustamente accusato di alto tradimento e di complotto contro il Re, Dantès viene rinchiuso nella tenebrosa prigione di Chateau d'If e affidato alle "cure" di un tirannico direttore carcerario. Con l'aiuto di un vecchio prigioniero saggio ed eccentrico, l'abate Faria, Dantès ritrova la speranza e organizza con lui un ardito piano di evasione attraverso un tunnel da scavare nelle ore notturne. Dopo 13 anni di segregazione il nostro riesce a scappare, mentre il suo compagno Faria muore a causa del crollo di una galleria, ma prima di spirare gli rivela il suo segreto: la posizione di un immenso tesoro nascosto nelle grotte dell'isola italiana di Montecristo. Dantès lo trova, diventa ricchissimo, si unisce ad una banda di pirati guadagnandosi il loro rispetto e un anno dopo ritorna a Parigi, facendosi chiamare Conte di Montecristo, per consumare la sua vendetta. Interpretato da una bella squadra di attori tra cui Jim Caviezel, Guy Pearce, Dagmara Dominczyk, Luis Guzmán, Henry Cavill e Richard Harris, questo godibile film avventuroso di cappa e spada ha i suoi pregi: la sontuosa ricostruzione storico ambientale, una narrazione agile che segue i toni del melodramma in costume, l'efficace sintesi del romanzo di Dumas per rendere la storia appetibile al grande pubblico e la bravura degli attori tra cui svettano Pearce e Harris (assolutamente straordinario nella sua caratterizzazione dell'abate Faria). Caviezel appare invece un po' troppo inamidato nel ruolo del protagonista Dantès. Ovviamente gli appassionati di Dumas e gli spettatori più esigenti non potranno non lamentarsi dell'adattamento superficiale, delle numerose invenzioni, del contesto storico politico appena accennato e dello scarso approfondimento dei numerosi personaggi di contorno. La sequenza del duello finale nei campi di grano, che non esiste nel racconto di Dumas ed è un esplicito omaggio dichiarato a I duellanti (The Duellists, 1977) di Ridley Scott, è però un bel momento di cinema.

Voto:
voto: 3/5

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