lunedì 15 novembre 2021

Stazione Termini (1953) di Vittorio De Sica

Mary Forbes, americana in vacanza a Roma con un marito e una figlia che l'aspettano dall'altro capo dell'oceano, si innamora di un professore italiano, Giovanni Doria, e si abbandona ad una passionale relazione clandestina. Presa dal rimorso dopo aver sentito la sua famiglia al telefono, si decide a troncare il rapporto e tornare in America. Giovanni, disperato, la raggiunge alla Stazione Termini e cerca di convincerla in tutti i modi a restare. Ci riuscirà ? Struggente melodramma "notturno" di Vittorio De Sica, al suo primo film "americano" (prodotto dalla Columbia Pictures e da David O. Selznick), realizzato con un grosso budget ed un cast internazionale con due divi hollywoodiani come protagonisti: Jennifer Jones e Montgomery Clift. Quello che voleva essere, nelle intenzioni e nelle aspettative, un grande racconto romantico sullo sfondo atipico della celebre stazione romana, dando inizio ad una nuova fase della carriera dell'autore, si rivelò invece un flop su tutti i fronti: fatto a pezzi dalla critica, poco amato dal pubblico e snobbato alla sua presentazione in anteprima al Festival di Cannes. E' fin troppo evidente che si tratta di un film incerto e sbagliato, perchè fondamentalmente titubante su quello che intende essere: De Sica infatti inserisce, con effetto posticcio e talvolta fastidioso, la storia d'amore in uno scenario tipicamente neorealistico, con una folta galleria di coloriti personaggi minori che affollano la Stazione e interagiscono costantemente con i protagonisti, creando confusione, spaesamento, squilibrio drammaturgico e sconfinando a tratti nella stravagante macchietta. E' come se l'autore volesse, da un lato, realizzare qualcosa di nuovo, ma senza riuscire a staccarsi del tutto dalle sue tematiche e dalla sua poetica "popolare", dando così vita ad un ibrido che lascia perplessi. Ma le colpe non sono unicamente le sue, infatti De Sica soffrì molto delle costanti ingerenze da parte del produttore Selznick (una situazione alla quale non era abituato in Italia dove gli veniva solitamente concesso campo libero), che addirittura arrivò a pretendere un maggior numero di primi piani per sua moglie, l'attrice protagonista Jennifer Jones, dopo già averla imposta in precedenza per il ruolo. De Sica riuscì a spuntarla nel girare il film a Roma nella vera Stazione Termini (Selznick voleva ricostruirla negli Studios di Hollywood), ma con pesanti effetti sul budget e parecchi disagi logistici: ogni giorno la stazione "chiudeva" dalle 22 alle 7 del mattino per consentire lo svolgersi delle riprese, ovviamente in coesistenza con le numerose attività lavorative che non potevano essere interrotte. Le continue pressioni e intromissioni delle Major, la difficoltà di comunicazione sul set (De Sica parlava un discreto francese, mentre la Jones conosceva soltanto l'inglese), la recitazione in lingue diverse (tutte le così dette "seconde linee" erano attori e caratteristi italiani), la complessità di gestione di un set naturale enorme e sempre affollato e la lievitazione costante del budget, provocarono un notevole stress per il regista di Sora, causando pettegolezzi e scintille anche nel suo rapporto con il fedelissimo Cesare Zavattini (autore della sceneggiatura insieme a Luigi Chiarini e Giorgio Prosperi). Alla fine della fiera lo spigoloso Selznick fu comunque insoddisfatto del risultato, fece montare una "sua" versione per il mercato americano, con il titolo Indiscretion of an American Wife, eliminò circa 20 minuti del montaggio originale, fece riscrivere interi dialoghi da Truman Capote ed inserire nuove scene e nuovi personaggi, ottenendo anche ("finalmente") i tanto desiderati lunghi primi piani per sua moglie. Ma anche in questo modo la pellicola fu un insuccesso, passando del tutto inosservata anche oltre oceano. Tra i numerosi aneddoti nati intorno alla lavorazione di Stazione Termini va sicuramente citata la forte infatuazione che l'attrice Jennifer Jones provò per il suo partner Montgomery Clift, creando tensioni continue sul set, pesanti litigi con il marito geloso Selznick e notevoli ritardi nel costoso calendario delle riprese (il prezzo di "affitto" giornaliero dello scalo ferroviario romano era di 4 milioni di lire). Alla fine tutto si "risolse" alla meno peggio quando la Jones venne a sapere che Clift era omosessuale. Ne rimase sconvolta, ma il suo matrimonio fu "salvo" (e insieme ad esso anche i suoi famosi primi piani). Appena uscito dalla cocente delusione per Umberto D. (1952), che in Italia fu scientificamente massacrato dalla critica perbenista democristiana che ne temeva la cattiva "propaganda" politica, De Sica incappò in un insuccesso ancora maggiore con questo suo primo lungometraggio "americano". Ma riuscì a consolarsi per lo straordinario successo popolare che ottenne come attore nel fortunatissimo Pane, amore e fantasia (1953) di Luigi Comencini.

Voto:
voto: 2,5/5

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