lunedì 8 novembre 2021

Take Shelter (2011) di Jeff Nichols

Curtis LaForche è un uomo per bene che adora la sua famiglia, composta dalla moglie Samantha e dalla piccola figlia Hannah, sorda dalla nascita. La loro vita modesta ma tranquilla in una cittadina rurale dell'Ohio viene sconvolta da una serie di agghiaccianti visioni catastrofiche che iniziano a perseguitare Curtis, prima durante il sonno e poi anche da sveglio. L'uomo vede una imminente tempesta apocalittica abbattersi sulla sua casa e per questo entra in uno stato di paranoia, inizia a costruire un rifugio sotterraneo per salvare la sua famiglia ed è sempre con i nervi tesi. Con l'aumentare delle allucinazioni anche il suo rapporto con Samantha entra in crisi profonda. Ma Curtis è pazzo o dispone di reali poteri di preveggenza? Thriller ansiogeno scritto e diretto da Jeff Nichols, e interpretato da Michael Shannon, Jessica Chastain, Tova Stewart e Shea Whigham. E' un film cupo, angosciante e teso come una corda di violino, un viaggio immersivo nelle paure inconsce di una mente sensibile, il cui progressivo scivolare nella follia schizofrenica ci viene restituito attraverso immagini potenti e spaventose, creando un clima opprimente che coinvolge lo spettatore, tenendolo incollato sulla poltrona. Oltre ai notevoli effetti speciali, utilizzati con la giusta parsimonia e sempre funzionali alla narrazione, molto si deve alla straordinaria interpretazione dei due protagonisti: un Michael Shannon tormentato e impressionante per come riesce a rendere in espressioni la lotta interiore che lo consuma ed una Jessica Chastain intensa e luminosa, l'immagine stessa della grazia, della dedizione e dell'impegno amorevole verso la sua famiglia. Senza svelare altri dettagli della trama possiamo dire che tutto è una grande metafora sulle paure recondite, sul timore atavico di essere fragili e sull'ossessione della sicurezza che si trasforma in pericolosa paranoia. Tutte queste cose sono tipiche della società americana, senza distinzione tra provincia o grande metropoli, una sorta di nervo scoperto che è notevolmente aumentato dopo l'11 settembre (quando, per la prima volta, gli Stati Uniti hanno scoperto di essere vulnerabili ad un attacco esterno), ma che esisteva in modi diversi anche prima. Basti pensare al maccartismo, alla Guerra Fredda, all'omicidio Kennedy, al Vietnam, al Watergate, giusto per citare gli eventi storici principali che hanno scalfito la patina arrogante di un paese che si è sempre sentito leader, forte, giusto e invincibile, probabilmente proprio in reazione ad un inconfessato senso di insicurezza troppo radicato e profondo per essere riconosciuto. Bellissimo anche il finale del film, sfumato, ambiguo, oscuro, all'insegna di un tribolato dubbio, come lo specchio di una società combattuta tra la sua reale natura fragile e la pubblica maschera di granitica potenza che da sempre indossa nei confronti del mondo. Tre premi "minori" al Festival di Cannes: Gran Premio della Settimana internazionale della critica, Premio SACD e Premio Fipresci.

Voto:
voto: 3,5/5

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